LA FIERA DELLE ILLUSIONI, di Guillermo del Toro
![]() |
![]() |
Adesso penso che come minimo si sia trombato la fidanzata di un recensore per tutta la merda che gli hanno lanciato addosso per sto film.
Ok, ammettiamolo: non è il miglior film di del Toro.
Assodato questo, andrebbe fatta una bella riflessione su quello che comporta l'essere un autore di culto. Perché Guillermone nostro lo è a tutti gli effetti.
Kubrick a parte, chi ha realizzato solo capolavori? E' necessario che un regista salito alla ribalta con un film magnifico poi debba per forza tenere un livello inalterato a tutti i costi? Credo che il bello di seguire il percorso di un artista sia che questo non è mai una linea retta, ma sbilenca, costellata di salite e inevitabili discese. L'opera è il punto di contatto tra il pubblico e l'artefice in quel momento della sua vita, che lo vede come persona in continuo mutamento. Anzi, aggiungo che il fallimento è prova di aver tentato di mirare troppo in alto, e preferirò sempre uno che osa fallendo anziché chi fa un compitino ben fatto col pilota automatico.
Sì, Snyder, ora torna a cuccia...
In questo caso, del Toro è rimasto fedele a sé stesso e ha fatto un film nelle sue corde, affrontando temi e demoni che lo ossessionano da sempre. E sì, per me ce l'ha fatta, e non capirò mai il fallimento di questa pellicola - e non tirate fuori il Covid.
Del Toro adatta per il grande schermo il romanzo omonimo di William L. Gresham, già portato su celluloide da Edmund Goulding con Tyrone Powell. L'autore fu un personaggione allucinante, noto principalmente per quel romanzo (molto bello, tra l'altro) e una vita dissoluta, in preda ai deliri e alle dipendenze, tanto da togliersi la vita a cinquantatré anni dopo aver appreso di essere malato di cancro.
La fiera delle illusioni era uno scritto disperato e cupo, pieno di pessimismo e lerciume, come se avessero usato miasmi al posto dell'inchiostro. Del Toro quindi si basa su quanto già raccontato da Gresham e, a differenza del vecchio film, non addolcisce il finale manco per il cazzo e ci proietta in una storia di avidità, sopraffazione, violenza e ambizione malata.
Lo fa per il mezzo cinematografico, con il suo solito stile, le riprese mai ferme e quel rimando al cinema classico, derivativo, sì, ma personale.
Il risultato è un bel film. Un gran bel film, aggiungo. Di quelli che ti fanno finire la visione soddisfatto, pieno di quelle cose che solo il grande cinema riesce a regalare.
Ma no, non è l'opera migliore del nostro.
Dove per migliore si intendono titoli plasmati da quel suo gusto per il magico, il gotico, la passione smodata per gli ingranaggi e i mostri, da sempre vera ossessione del messicano. Che per assurdo, sono presenti perfino qui, in un film che dovrebbe essere agli antipodi della sua poetica ma che finisce per diventarne un'estensione, lasciando la mostruosità mitologica per quella del reale, degli uomini che si muovono nelle spire della società mentre la Storia rimane sullo sfondo, guidata da altri portatori sani di crudeltà - il riferimento a una certa invasione della Polonia non è messo lì a caso.
E' un bestiario particolare quello che del Toro sceglie di mostrare a questo giro, forse la parte più anomala della sua produzione. Qualcosa che non si colloca nei sogni di una bambina o nei sotterranei di una metropolitana, ma alla luce del sole, in quello zoo di deformità che è il mondo reale coi suoi abitanti.
Non c'è uno sviluppo di trama che non sia dettato dall'avidità o dal desiderio di sottomettere il prossimo. Questo, sembra suggerirci il regista, è il vero motore che ha spinto il mondo dall'alba dei tempi, ed è ciò a muovere ogni singolo personaggio di questa squallida ma appassionante vicenda.
lui ci guida per mano in questa odissea del lerciume e, anche se in genere finora inedito nella sua filmografia, abbraccia le sue ossessioni visive. Rimaniamo ancorati agli stilemi visivi di Bava e del cinema di genere italiano e, sempre in tema nostrano, si concede qualche concessione alle suggestioni visive che furono di Fellini, trasportato in una carrellata da incubo negli interni notturni del parco di divertimenti.
Per quanto mi sia piaciuto, bisogna ammettere che alcune cose lasciano un po' il tempo che trovano. Le motivazioni della (prevedibile) cattivissima sono piazzate troppo sul vago, colpevoli anche di essere fin troppo fallaci (rendendo monodimensionale un personaggio che si muove in mezzo a suoi simili dai dualismi borderline), così come il contesto storico è accennato in maniera abbastanza didascalica - davvero, certe specificazioni mi sono sembrate quasi ridondanti, dato che non avevano un vero e proprio collante con gli avvenimenti e l'appiccicarli ai temi bestialici è quasi superfluo.
Poi vabbé, vedere Bradley Cooper sembrare un vero attore è qualcosa che riscatterebbe qualunque difetto - davvero, mai visto così convincente.
Rimane quindi un film che alla sua maniera, quella di un regista più umano di quello che si può immaginare, parla dello sprofondare nella parte più malvagia che esista.
C'è (prevedibilmente) un solo personaggio completamente positivo in tutto il film, il resto è un continuo vagare insieme ai peggiori elementi da sbarco esistenti, accompagnato dai soliti caratteristi che hanno costellato la carriera del messicano.
Un film cupo e maturo, forse troppo, tanto che il regista stesso ha dichiarato dell'oramai diffusa difficoltà di racimolare soldi per produrre pellicole di questo tipo. Poi ci si mette qualche critica internettara di mezzo e il gioco è fatto. Perché questo film avrà i suoi difetti, ma la sua validità non è do certo un'illusione.
Che poi... storia avvincente (già rodata, tra l'altro), diretta bene e con un finale amarissimo. Che doveva farvi di più, un pompino sotto il tavolo? - cit.
E poi diciamolo, vi siete strappati i capelli per robe ben peggiori,
Quindi sì, non il migliore di del Toro, ma comunque, un bel film. E va benissimo così.











Concordo sul fatto che non sia il film migliore di Del Toro, ma aggiungo anche che ce ne fossero di film "non migliori" così! :D
RispondiEliminaMa appunto...!
EliminaNon il migliore Del Toro, ma forse il più diverso tra i suoi film. Nerissimo, disperato, adulto. Al cinema me lo sono goduto alla grandissima, nonostante il genere e i temi un po' compassati.
RispondiEliminaMa per me nemmeno così "diverso", sai? Ha estremizzato il pessimismo, ma tutto il suo essere è ben presente.
EliminaMi ricorda quanto fece Burton con " Sweeney Todd", per certi versi.
Non tutto il male vien per nuocere, come non tutti I generi possono essere ben laborati dai registi. Guillermo & Noir sa molto di antipodi, però nella sua carriera andava fatto.
RispondiEliminaPer me l'ha gestito benone, invece.
Elimina