LA FIERA DELLE ILLUSIONI, di Guillermo del Toro

In fuga dopo aver nascosto un cadavere e dato fuoco a una vecchia casa, il truffatore piacione Stan si fa assumere in un circo itinerante, dimostrando ben presto spirito di iniziativa. Questo lo porterà ad ereditare i trucchi di un vecchio mago, tanto che...

Non so se ritenere Guillermo del Toro uno dei miei registi preferiti. Ha fatto cose che adoro, come Il labirinto del fauno, e riappacificò con Hellboy II il me diciottenne col "cinema di cassetta", togliendomi dalla convinzione che un cinefilo dovesse guardarsi solo pippate d'autore cecoslovacche, e mi fece ritornare undicenne con Pacific Rim. Poi sì, cose come Crimson peak e La forma dell'acqua mi sono piaciute meno, ma l'ho sempre ritenuto uno che sa fare il proprio lavoro e, soprattutto, che si diverte tutte le volte. 

Adesso penso che come minimo si sia trombato la fidanzata di un recensore per tutta la merda che gli hanno lanciato addosso per sto film.

Ok, ammettiamolo: non è il miglior film di del Toro. 

Assodato questo, andrebbe fatta una bella riflessione su quello che comporta l'essere un autore di culto. Perché Guillermone nostro lo è.

Kubrick a parte, chi ha realizzato solo capolavori? E' necessario che un autore salito alla ribalta con un film bellissimo poi debba per forza tenere un livello inalterato a tutti i costi? Credo che una carriera, e il suo bello, sia anche nel suo essere ondivaga, nell'avere titoli meritevoli e meno, Anzi, spesso il fallimento è prova di averci provato, e preferirò sempre uno che osa fallendo che chi mi fa un compitino ben fatto col pilota automatico.

Sì, Snyder, ora torna a cuccia...

In questo caso, del Toro è rimasto fedele a sé stesso e ha fatto un film nelle sue corde, affrontando temi e demoni che lo ossessionano da sempre. E sì, per me ce l'ha fatta, e non capirò mai il fallimento di questa pellicola - e non tirate fuori il Covid.

Del Toro adatta per il grande schermo il romanzo omonimo di William L. Gresham, già portato sullo schermo da Edmund Goulding con Tyrone Powell. L'autore poi fu un personaggione allucinante, noto principalmente per quel romanzo (molto bello, tra l'altro) e una vita dissoluta, in preda ai deliri e alle dipendenze, tanto da togliersi la vota a cinquantatré anni dopo aver appreso di essere malato di cancro.

La fiera delle illusioni era uno scritto disperato e cupo, pieno di pessimismo e lerciume, come se avessero usato miasmi al posto dell'inchiostro. Del Toro quindi si basa su quanto già raccontato da Gresham e, a differenza del vecchio film, non addolcisce il finale - manco per il cazzo -  e ci proietta in una storia di avidità, sopraffazione, violenza e ambizione malata.

Lo fa per il mezzo cinematografico, con il suo solito stile, le riprese mai ferme e quel rimando al cinema classico, derivativo, sì, ma personale.

E quindi sì, è un bel film. 

Ho finito la visione soddisfatto, pieno di quelle cose che solo il grande cinema riesce a dare.

Ma no, non è il suo film migliore.

Per quanto sia "roba mia" e per quanto mi sia piaciuto, bisogna ammettere che alcune cose lasciano un po' il tempo che trovano. Le motivazioni della (prevedibile) cattivissima sono piazzate troppo sul vago, colpevoli anche di essere fin troppo fallaci (rendendo monodimensionale un personaggio che si muove in mezzo a suoi simili dai dualismi borderline), così come il contesto storico è accennato in maniera abbastanza didascalica - davvero, certe specificazioni mi sono sembrate quasi ridondanti, dato che non avevano un vero e proprio collante con gli avvenimenti e l'appiccicarli ai temi bestialici è quasi superfluo.

Poi vabbé, vedere Bradley Cooper sembrare un vero attore è qualcosa che riscatterebbe qualunque difetto - davvero, mai visto così convincente.

Rimane quindi un film che alla sua maniera, quella di un regista più umano di quello che si può immaginare, parla dello sprofondare nella parte più malvagia che esista.  

C'è (prevedibilmente) un solo personaggio completamente positivo in tutto il film, il resto è un continuo vagare insieme ai peggiori elementi da sbarco esistenti, accompagnato dai soliti caratteristi che hanno costellato la carriera del messicano.

Un film cupo e maturo, forse troppo, tanto che il regista stesso ha dichiarato dell'oramai diffusa difficoltà di racimolare soldi per produrre pellicole di questo tipo. Poi ci si mette qualche critica internettara di mezzo e il gioco è fatto. Perché questo film avrà i suoi difetti, ma la sua validità non è do certo un'illusione.

Che poi... storia avvincente (già rodata, tra l'altro), diretta bene e con un finale amarissimo. Che doveva farvi di più, un pompino sotto il tavolo? - cit. 

E poi diciamolo, vi siete strappati i capelli per robe ben peggiori, 

Quindi sì, non il migliore di del Toro, ma comunque, un bel film. E va benissimo così.

PS: quando compare Cate Blanchette per la prima volta, guardate bene e al suo tavolo vedrete Romina Power. E' un omaggio che del Toro ha voluto mettere in onore di Tyrone Power, suo padre, che recitò nel film del '47.






Commenti

  1. Concordo sul fatto che non sia il film migliore di Del Toro, ma aggiungo anche che ce ne fossero di film "non migliori" così! :D

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  2. Non il migliore Del Toro, ma forse il più diverso tra i suoi film. Nerissimo, disperato, adulto. Al cinema me lo sono goduto alla grandissima, nonostante il genere e i temi un po' compassati.

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    1. Ma per me nemmeno così "diverso", sai? Ha estremizzato il pessimismo, ma tutto il suo essere è ben presente.
      Mi ricorda quanto fece Burton con " Sweeney Todd", per certi versi.

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  3. Non tutto il male vien per nuocere, come non tutti I generi possono essere ben laborati dai registi. Guillermo & Noir sa molto di antipodi, però nella sua carriera andava fatto.

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