THE SADNESS, di Rob Jabbaz

A Taiwan un virus della rabbia, incredibilmente mutato, trasforma le persone in belve assetate di sangue, libere di sfogare ogni loro pulsione. In questo contesto due innamorati tentato di ricongiungersi, ma...

Ridendo e scherzando, dopo due anni di pandemia siamo ancora qui a raccontarcela. Sopravvissuti, certo, ma con le palle piene di 'sta storia. Sempre a proposito di storie, mi sono sempre chiesto cosa questo periodo avrebbe potuto offrire in campo artistico, come gli autori possano volgere ansie e timori attuali nella loro arte.

Ovviamente mi aspettavo un florilegio di horror ma di una roba come The sadness ne avrei volentieri fatto a meno.

Partiamo dal presupposto principale: il regista si chiama Rob Jabbaz.

Io non so voi, ma un nome simile me lo aspetto da uno che viene da Star Wars, non da un canadese che si trasferisce a Taiwan per poter dirigere il proprio film. E diciamo anche che da un plot simile nacque quella robetta che fu Merantau e tutto il filone di mazzate che fu il cinema di Gareth Evans, quindi da una parte sono abbastanza tranquillo visti i precedenti. E va sottolineato come un film simile il nostro non avrebbe proprio potuto girarlo qui nel castissimo occidente - per quello abbiamo i casi di cronaca nera.

Vabbè, The sadness è una stronzatona cosmica a livelli incredibili, ma il bello è che tutto quello che poteva esserci di sbagliato in un'operazione simile qui sovrabbonda pericolosamente per una serie di motivi che dovrebbero essere l'ABC di una qualunque operazione audiovisiva o meno.

Chi demonizza il genere slasher ha lo stesso QI dello psicologo che nel servizio sugli emo confondeva una pagina di Nonciclopedia come un sito serio e affidabile, o di quelli convinti che i videogame travisino le menti dei gggiovani e il metal induca al satanismo. No, statece. E' un genere come un altro e non porta a nessuna tara, anzi, può essere utile per esorcizzare sensazioni e parti interiore che per quieto vivere devono per forza essere taciute.

Del resto, io sono cresciuto guardando Il gladiatore ma non ho mai pensato di ammazzare nessuno, eppure a livello lucidamente logico quel film per me dovrebbe essere un abominio. Invece lo adoro e daje Massimo.

The sadness è semplicemente un film di merda e mi chiedo come abbiano fatto molti a uscirne estasiati dalla visione, quando di base a promuoverlo dovrebbe essere solo la mamma del regista - seriamente, in rete pare diventato un istant cult.

Creare una storia non è così facile come può sembrare per una serie di fattori che entrano in gioco. Per fare uno slasher non servono solo le secchiate di sangue finto, bisogna innanzitutto capire se il genere deve essere un fine oppure un tramite, e nella stessa questione come trattarlo in base al pubblico a cui si vuole indirizzarlo. Altrimenti sarebbe come proiettare La bête di Borowczyk al raduno del fan club di Rocco Siffredi solo perché sempre di gente che scopa si parla - non che sia improbabile che uno dei seguaci del Vate possa apprezzare anche il buon Walerione.

Questo perché Jabbaz the Hutt ha occhio, riesce perfino a partire bene con una gestione della tensione e della violenza a dir poco perfette, ma alla lunga risulta fuori luogo come quello della recita scolastica che crede di essere a Broadway, creando un cortocircuito tale che il film da esaltante (per chi ama un certo tipo di cinema-frattaglia) diventa a dir poco noioso.

Almeno, a me ha tediato parecchio.

Non sono davvero riuscito a capire quale volesse essere il fine del film. Divertire? Fare satira? La prima diventa così meccanica e non-stop da diventare un'assuefazione continua, perché va bene l'omicidio, va bene lo spiezzamento di arti, a una certa approvo pure la necrofilai e l'infanticidio, ma quando vengono reiterati continuamente , certe volte addirittura tutti insieme, comincia a essere un po' #toomuch anche per me, che sono reduce da A Serbian film.

La satira invece appare così di grana grossa che ogni tentativo di riuscita appare nullo e vano, perché la pellicola per tutta la propria durata accenna e basta. Non osa mai nulla di più che la superficie, azzoppa cn le proprie stesse pallottole cose che potrebbero funzionare fino a diventare ridicola e quasi dilettantesca.

Ripeto, a  gore ci siamo, ma la scrittura andrebbe curata MOLTO di più. Garth Ennis col suo Crossed, fumetto a cui il film è ESTREMAMENTE debitore, osava molto di più, perché alla violenza attaccava sempre una tematica - il più delle volte, almeno.

Eppure i temi non mancano.

Al di là delle stoccate anti-governo, così puerili da non poter essere prese sul serio, ci sono una serie di elementi che avrebbero meritato un approfondimento. Il viscidone, col suo "signora mia, pensi che non possiamo più molestare le ragazze sulla metro" era così prima o dopo il contatto col virus? E' una parentesi che avrebbe dato quella sottigliezza che manca. Così come la rabbia esplosa dagli infetti non ha nessuna correlazione con delle cause effettive degli stessi, e siamo in un mondo dove l'odio virtuale ha creato dei veri e propri danni e la pandemia, con la recessione ancora prima, ha portato a veri esempi di cattiveria contro gli ultimi - un #aiutiamoliacasaloro a caso.

E' anche curioso che l'unica dei protagonisti a riportare un danno fisico evidente sia proprio la ragazza obesa, cosa che evidenzierebbe anche la mercificazione del corpo della donna. 

Tutte cose che rimangono in sospeso, con due protagonisti così anonimi che il punto massimo di lui è il girare in lambretta e il crucis di lei è la paura di essere stuprata.

Quindi sì, di base ce se vo' divertì, ma piove governo ladro e l'uomo di base è malvagio. Così un film cazzaro diventa serio e non sta mai da nessuna delle parti. E in tutto questo, oltre al fatto che Regina Mei è bona e un infetto gira mezza città solo per violentare lei, devo ancora capire che sia 'sta sadness del titolo.

Di sicuro quella che mi ha assalito una volta compreso che quell'ora e mezza di vita non me l'avrebbe più restituita nessuno...






Commenti

  1. Eh sì, tristezza infinita. Ha vinto al Tohorror l'anno scorso il premio alla miglior sceneggiatura e parlando con chi l'aveva visto in anteprima mi era stato detto fosse il migliore.... evidentemente abbiamo gusti agli antipodi, perché oltre al cattivo gusto che in un horror non serve, è tutto l'insieme che oltre a non dare nulla lascia anche un gran senso di fastidio. In rete viene esaltato? Mah, non faccio analisi....ho appena visto Amélie e il suo mondo fantastico, mi accontento di cose più sdolcinate che lasciano addosso le care vecchie emozioni. 👋

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Intendevo dire che il buon gusto in un horror non è fattore essenziale, mi sono espressa male, avrai capito il senso 😉

      Elimina
    2. Per amor di correttezza, ho controllato, il film ebbe la Menzione speciale e il Premio del pubblico...

      Elimina
    3. Ti eri fatta capire benissimo 🤣 purtroppo il cattivo gusto, quando volontario, è difficilissimo da gestire. Jabbaz non ne è in grado - per ora...

      Sì sapevo del pubblico. Ancora mi chiedo come sia possibile.

      Elimina
  2. Manca tutto, altro che i temi, ci sono le budella, ma resta un film che vuole strafare, diciamo che il regista ha letto "Crossed" di Garth Ennis e ha provato ad imitarlo, bene ma non benissimo ;-) Cheers

    RispondiElimina

Posta un commento

Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

Post più popolari