DOS, di Mar Targarona

Senza essersi mai visti prima, un uomo e una donna si svegliano nello stesso letto, in una stanza che non è la loro. Come se ciò non bastasse, scopriranno di essere stati cuciti insieme per un lembo di pelle all'altezza della vita. Dovranno cercare di non impazzire e di comprendere chi ha fatto loro questo...

Lo so che ogni tanto tiravo fuori il pippone sul fatto che Netflix non fosse la rovina del cinema detta da molti, ma se sono venute fuori cose come Mank e Kaufman è colpa mia? No. Però capisco che poteva venire la balzana idea che la piattaforma mi avesse pagato per delle marchettate - in caso ho la macchina da cambiare, sarei ben disposto.

Quindi, per fugare ogni possibile dubbio, tocca per forza di cose bocciare un film prodotto proprio da Netflix, anche perché le cose da dire ci sono...

Partiamo da un presupposto essenziale: la trama.

Come dico spesso, a differenza di quanto possano pensare molti, la trama non è l'elemento cardine di una storia - film, libro o fumetto che sia - quello è sempre il linguaggio, che varia a proposito del media che si vuole usare. La trama può essere qualcosa che dà un quid iniziale, un presupposto che permette al media di scatenarsi, o un elemento che funge da esca per attirare l'attenzione di un eventuale fruitore. La trama di Dos, o lo stralcio sul banner, aveva tutto quello che basta per avere, se non il miuo interesse, almeno la mia curiosità.

E se mettete thriller, mistero e rimandi al body horror, riuscendo a trasformarmi da Calvin J. Candie a nonno Simpson che bercia, allora per voi non c'è proprio nulla da fare.

Perché sì, tutto quello che potevano sbagliare, lo hanno cannato. In solitaria, senza smazzarlo con gli altri davanti al falò. 

Non sapevo chi fosse Mar Targarona e, dando una rapida spulciata sull'internetto, pare essere una produttrice spagnola molto attiva. Prima di questo Dos, come regista ha fatto solo - sempre per Netflix - Il fotografo di Mathausen, che non dubito sia un film migliore di questo (anche perché...) ma che non ho visionato per semplice mancanza d'interesse.

Sempre secondo l'etere, per questo film ci sono voluti tre sceneggiatori, e qui ho capito che siamo destinati all'estinzione. Perché capisco la difficoltà di un film interamente basato su due personaggi in una stanza (e sia King che Flanagan in Gerald's game hanno barato) ma non ci siamo.

Non si crea empatia coi personaggi, per quanto sia possibile in ottanta minuti - ecco, la durata è un pregio. Non c'è tensione e alcuni passaggi lasciano tradire una vaga misoginia di fondo per come viene caratterizzato il personaggio di lei e tutto l'insieme lascia un vago senso di insoluto, per una trama si macabra e tutto il resto, ma senza mordente. 

Si fosse trattato dell'episodio di una serie antologica, forse mi sarebbe pure piaciuto di più. Ma è proprio la concezione di Dos come film unico e solo che destabilizza, da quanto pressapochismo possa esserci nella gestione di temi simili.

Non solo ci vengono piazzate una dopo l'altra una serie di analogie che per tutta la breve durata faranno da semplice corollario, oltre che a rendere lei la massima esperta del numero due al mondo, ma anche la gestione degli spazi e dell'erotismo viene meno. Non c'è profondità di campo nella fotografia, non si ha la percezione delle dimensioni reali della stanza (e della relativa claustrofobia che dovrebbe causare) così come il concetto stesso di corpo è freddo e asessuato, nonostante le tette di lei in bella vista per almeno mezz'ora.

I due rimarranno invischiati in una danza involontaria in cui non saremo mai invitati, dandoci un'immagine finale così trash nella sua simbologia da mettere la pietra tombale su un film che va col pilota automatico, osando timidamente solo in superficie.  

Non ho molto altro da dire. E siccome a cercare di voler provare a dire qualcosa di intelligente a tutti i costi si fa la fine di questo film, tanto vale concluderla qui e, come ci insegnava il re dei tormentoni estivi...

... un DOS tres Mar(ia)!






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