THE LIGHTHOUSE, di Robert Eggers

Fine diciannovesimo secolo. Ephraim Winslow e Thomas Wake vengono spediti su un'isoletta per fare i guardiani di un faro. L'isolamento, la pazzia e la paranoia porteranno a...

La cosa divertente è che, come il precedente The VVitch, nemmeno questo film di Eggers la prima volta mi è arrivato. Anzi, proprio non mi aveva convinto, pur avendone apprezzato l'ardire - ma diciamolo, era stato un 2019 conclusosi molto male e, in barba a quanto sarebbe successo l'anno seguente, mi portavo dietro parecchio rancore. Fatto sta che la prima visione non mi convinse molto e, in una vecchia versione del blog, gli diedi due birre e mezzo. 

Dopo averlo rivisto diciamo che ho rifondato il blog solo per lenire quella mancanza abissale.

Mentre sto scrivendo, al cinema c'è ancora The northman, il terzo film di Robert Eggers, segno che questo regista proprio al principio della propria carriera può già vantare uno status che molti altri hanno saputo costruire in moltissimo tempo. Con questo The lighthouse aveva alzato l'asticella in una maniera a dir poco impressionante, tanto che, piaccia o non piaccia - qui ci sarebbe una parentesi enorme da aprire - non si può che apprezzarne lo sforzo.

Perché è innegabile che in quest'epoca di nostalgici, reboot, remake e maledetti nerd che si lamentano delle differenze col fumetto, Eggers provi ad (auto)elevarsi a un livello di complessità per la quale si può solo ammirarne lo sforzo.

Questo film poi è una di quelle pellicole che, per quanto ci si sforzi di trovare un punto in comune, ognuno troverà un proprio senso. Anche solo per questo si tratta di qualcosa di bellissimo, a conti fatti.

Ciò che come sempre stupisce è la maniacalità di Eggers nella ricostruzione, elemento che caratterizza tutta la propria produzione. Partito come un adattamento di un racconto di Edgar Allan Poe da parte del fratello, il nostro ha preso in mano lo script per volgerlo in un soggetto nuovissimo che racchiudesse al proprio interno le tematiche a lui care: l'identità, la paranoia, l'orrore e il rapporto con il divino.  

Non insolito è l'accostare tutto questo alla matrice horror, ma insolito è la veste con cui Robertino bello ha deciso di vestirle. Non tanto l'orrore, ma il senso di orrore, quello di matrice cinematografica che ha trovato la propria essenza nelle ombre dell'espressionismo tedesco. Nessun Caligari che cerca il cesso stavolta, ma tutto il senso di mancamento, di vuoto e di incertezza che ha caratterizzato gente come  Murnau e compagnia oggettiva.

In tutto questo, è proprio la fotografia e il formato ad avere la voce più grossa in capitolo.

Se il biancoenero e il formato 4:3 sono ormai stati sdoganati perfino da Snyder, a riprova della maniacalità di Eggers è proprio il contesto del suo cinema, non solo formale. Il formato non serve solo a ricreare un tipo di pellicole che furono un secolo fa, ma proprio a incasellare i personaggi non solo nella scenografia, ma anche in un'ipotetica gabbia, come ad acuire il senso di claustrofobia provato da entrambi. 

Che poi... vogliamo parlare degli attori?

Su Dafoe non credo ci sia molto da aggiungere, è sempre stato uno dei mejo e sempre lo sarà, ma Pattinson... reggere così bene lo schermo in compagnia di un mostro sacro non è da tutti. Questo tutti i suoi detrattori dovranno ammetterlo, segno che dai tempi di Twilight il ragazzo è cresciuto, ha ampiamento dimostrato quanto vale nel cinema indie che conta e questa è solo l'ennesima conferma - c'è solo voluto un Batman perché i più se ne accorgessero.

Ma poi, veniamo alla domanda da un milione di dollari...

Qual è il senso di questo film?

Posto che debba esserci per forza un senso nelle cose, io dico che già il fatto che sappia inquietare in questa maniera dovrebbe renderlo un filmone a prescindere. perché sì, mette strizza, disagio a iosa e crea quel piacevole mal di testa finale che da soli bastano. Ma rispondere a quella domanda, aumenta la difficoltà della risposta di molti livelli per una serie di questioni.

Eggers è maniacale, lo abbiamo detto, e in quanto tale non fa mai nulla a caso. Ogni suo film parte da una forte ricerca che, per quanto esatta, non si mangia mai l'opera. Qui si infratta con le leggende dei marinai, maledizioni annesse, imbastendole sulla comunicazione di due uomini che condividono forzatamente uno spazio ristretto.

Certo, vuoi mettere l'identità, le suggestioni lovecraftiane e tutto il resto, ma forse in un film che pone così tanta attenzione sulle parole (per dire, il riferimento alle "scarpe da checca" è un'inflessione dell'inglese marinaresco per dire di non aver terminato un lavoro) la risposta a tutte le domande era già nel titolo.

Lighthouse, appunto.

Che non è solo un faro, ma proprio la 'casa della luce'. Il film di Eggers si basa proprio su questo, su una luce, al non poter entrare nella stanza del faro e alla continua ricerca do tutto quello che gravita intorno, partendo proprio dalle maledizioni, che hanno un contatto col divino.

Non a caso, tutto il film si basa sulla decostruzione del mito archetipo dell'uomo che sfida Dio, da Prometeo (il gabbiano che mangia le interiora) a Sisifo (il continuare a percorrere le scale di Pattinson) e via discorrendo. E quella scena finale, quell'urlare e tutto il resto, parleranno proprio di chi ha cercato di salire verso l'alto, venendo bruciato dal sole.

Una prova d'autore pazzesca e difficile da dimenticare che acquista valore mano a mano che il tempo passa, sancendo la prosecuzione di quello che sembra essere uno dei nomi più promettenti della moderna cinematografia.

Averlo così sottovalutato all'inizio è stato proprio un peccato da cilicio perenne, soprattutto per la vera morale di fondo: è l'uccello che ti mette sempre nei guai. 

Anche se i miei avvocati sono pronti a fargli il culo.






Commenti

  1. Il tuo sosia è stato molto bravo in questo film, ma in generale Roberto Uovatore per me è uno dei migliori autori in circolazione, vichingi del nord compresi. Cheers

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    1. Sui vichinghi aggiorneremo a breve ma, anticipando il mio parere... SKØL!!!

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  2. Non ci tengo a rivederlo, resto sulle mie convinzioni che erano le tue la prima volta, eppure paradossalmente in mente c'è sempre questo film, il segno ha comunque lasciato.

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    1. Già quella per me è un'ottima cosa, al di là del parere finale.
      E comunque rivederlo mi ha restituito la grandezza che inizialmente non avevo colto :)

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