LA BELLE ÉPOQUE, di Nicolas Bedos

Victor è un fumettista in rovina e crisi d'ispirazione. Dopo che la moglie (esasperata...) lo caccia di casa il figlio, che realizza telefilm di dubbio gusto per una piattaforma, gli fa un regalo: l'esperienza fornita da un consulente di produzione che ricrea ambientazioni passate desiderate dai clienti. Victor decide di rivivere gli anni in cui conobbe la moglie, e...

Pochi giorni fa - mentre sto scrivendo, è luglio 2022 - mi sono stupito che il trailer di Avatar: the way of the wather sia passato pressoché inosservato e quando ho provato a parlarne con qualcuno, mi è stato detto che il campione d'incassi di Cameron alla fine è solo un'accozzaglia di cose già viste.

Per fortuna che c'è Stranger things, vero?

Provocazione boomerissima - termine che ormai ho paura ad usare dopo che mi sono arrivate delle minacce via Facebook... - per dire che oramai viviamo in pieno in quella che è una vera e propria 'revival age'. Non per nulla il concerto con più partecipazione a cui ho assistito negli ultimi anni è stato uno di Giorgio Vanni, ma soprassediamo un attimo sulla faccenda.

É successo che gli anni ottanta al momento la stanno facendo da padroni e presto, prevedibilmente, toccherà ai Novanta, perché è così che coincide il grande ciclo della vita: per vendicarsi dei grandi che li malgiudicavano, quelli che ora non sono più piccoli devono smenarla alle nuove generazioni con un passato che solo loro vedono come glorioso. Poi gli Eighties hanno un po' rincoglionito tutti, ma quello è un altro dioscorso.

Insomma, tutto 'sto pippone per dire che La bella époque, film uscito in tempo poco prima della pandemia, racchiude un po' questo spirito.

A molti potrà ricordare la versione più sfarzosa e frufru di Midnight in Paris, ma anche se la memoria può andare subito lì, questo e il film di Allen sono in realtà due pellicole molto diverse. Quella del regista newyorkese era un'apologia a un'epoca che si è vissuta solo come ideale romantico, mentre questa del figlio di Guy Bedos (sì, l'ennesimo raccomandato di talento...) parla di come si ricordano i periodi che si sono vissuti in prima persona e come il ricordo operi su di essi.

Il cinema francese è famoso per essere una delle quattro massime potenze della settima arte, anche per la capacità di sfornare ogni genere esistente, e qui si opera in un versante meno noto, quello del poutpourri di generi che agisce su un pastiche, partendo da qualcosa di ben definito.

La belle époque è infatti la classica commedia francese per intellettuali, ma sotto la sua patina di film facilmente riconoscibile, senza agire per troppe raffinatezze, ha dentro di sé più tecniche e stili.

C'è sicuramente l'influsso del cinema d'oltralpe a cui appartiene, ma anche molto del montaggio americano, per una commedia che basa una (ottima) prima parte su dei dialoghi da manuale, scritti benissimo, che trascinano i personaggi in una maniera ottimale e che non stanca mai, nonostante succeda poco.

E fa sorridere in più punti, pure.

Ma agisce anche nel montaggio - davvero, l'inizio mi ha destabilizzato parecchio con quella parentesi meta-cinematografica a metà - e nella gestione dei vari aspetti, quello romantico, quello più malinconico e introspettivo, fino a quello di confronto fra i vari personaggi in essere, prendendo leggermente da ogni cinematografia per un prodotto solido ma che al proprio interno ha le lezioni di tutto il cinema più popolare possibile, senza che ognuna si sovrapponga all'altra o ne nascano leziose lezioni per addetti ai lavori.

Questo, e vogliamo, può essere un piccolo difetto.

Perché è chiaro che il discorso sulla direzione della vicenda assuma connotati facenti parte del mestiere, ma rimane solo in superficie, concentrandosi solo sulla vicenda e sulla catarsi del protagonista, trattando unicamente il tema del vissuto e del rimpianto di un periodo che non verrà mai pià.

Il film rimane "solo" questo, anche se si tratta di un "solo" perfettamente godibile, che non annoia mai e non ti dà l'impressione che ti stiano prendendo per il culo a proporti una roba simile.

Si tratta di un elogio al presente giocato sul passato, presente inteso come momento che si sta vivendo nell'immediato, a valorizzare ciò che si ha in vita senza scadere nell'inutile paternalismo del "si stava meglio un tempo, signora mia". Anche perché, come ricordano in un discorso lampo alla fine, quegli anni Settanta non è che fossero realmente tutta questa meraviglia, ma come si erano vissuti bene quelli si può fare altrettanto con questi ingloriosi Anni Zero. Insieme.

Un film accessibile, semplice ma in grado di metterti un poco in pace col mondo per una serata di svago - meno leggera di quel che può sembrare. Non è molto, ma certe volte va benissimo così.

Approfitto per estendere il mio odio però verso Guillaume Canet. Non solo sei oggettivamente un figo assurdo, ma sei stato insieme a Diane Kruger e ora hai sposato Marion Cotillard. Infame!





Commenti

  1. Piaciuto parecchio, sarà la (maledetta) nostalgia o forse malinconia, ma molto grazioso.
    Canet effettivamente non s'è comportato proprio bene :D

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