WATCHER, di Chloe Okuno


Julia segue in Romania il fidanzato, trasferitosi lì per lavoro. Le giornate della ragazza passano così monotone, fino a che non si accorge che, nello stabile in cui abitano, un tizio la osserva e pedina per strada. Paranoia o inquietante realtà? Che sia poi l'assassino che...

Entrate nella nuova pizzerie che hanno aperto in centro, quella che a leggere in giro è stata definita la migliore della città. E' tutto nuovo. Un tizio fresco di fitness vi prende l'ordinazione e in aria suona la vostra canzone preferita. La pizza arriva subito, portata dalla persona che vi piace. Sembra un sogno...

Plot twist: vi portano una pizza surgelata.

Avevate ordinato una Watcher...

Questo è l'unico commento/analogia a venirmi nel parlare di questo film, esordio dietro la macchina da presa della regista Chloe Okuno - se si esclude il tassello per l'ammucchiata di V/H/S94 - e da tanti, specializzati o meno, salutato come l'evento thriller dell'anno.

E vi dirò, inizia in maniera super convincente.

Si vede che la nostra ha grandi ambizioni. La fotografia è curatissima, la messa in scena impeccabile. Il titolo compare perfino dopo dieci minuti, a seguito di un campo lungo ottenuto tramite zoom-out sui nostri protagonisti che bombano allegramente. Mancavano solo le bande nere ai lati e una suora nana che fuma il bianco e nero piazzato alla cazzo per essere il top della fighettosità. Poi tempi lunghi, dilatati, che sembrano fregarsene delle logiche di mercato, e lei che vaga in questa città, stranger in a strangerland.

Oh, solo a ripensarci al mio cinefilo interiore sta diventando duro.

Poi tiro un sospiro di sollievo, perché nelle mani di una come Sofia Coppola sapete che stracciamento di marroni sarebbe venuto fuori? Il rischio di un seguito non richiesto di Lost in translation è stato sfiorato...

Insomma, Watcher è una pellicola elegantissima, una confezione quasi festivaliera per quello che alla fine dimostra di essere solo il thrillerino della domenica. Potremmo dire che ci sono tante belle tematiche che non vengono sfruttate, ma la verità è che le tematiche ci sono in tutte le storie.

Anzi, spariamola grossa, le storie da raccontare saranno otto, esagerando. A renderne certe memorabili è stato il modo che il narratore ha avuto di raccontarle. Drive sarebbe stato il film che è, senza il tocco di Refn, o solo un altro capitolo a caso di Fast and furious? E Zombi lo ricorderemmo come un capolavoro, senza l'estro e il genio di Romero che lo trasformarono in una critica sociale? 

Spoiler: no.

Se proprio vogliamo trovare un difetto gigantesco a Watcher è proprio quello di non raccontare null'altro se non quello che mostra - il che non è per forza un male - ma di confezionare tutto con un tale rivestimento extra lusso da far sembrare l'intera risoluzione finale una barzelletta, soprattutto per le dinamiche e le proporzioni che assume, dimenticando parti e soprattutto infrangendo la prima regola dello sceneggiatore provetto - vedrete e capirete.

E sì, le tematiche c'erano già di default. Non è la prima pellicola sul tema (e i temi) che viene realizzata, ma gli esempi più lampanti sono ricordati. Questo cosa offre? Lo spaesamento non era già un elemento a sé? Allora perché rimarcare sul resto, accennare particolari che non danno nessuno spessore (il passato da attrice bellamente dimenticato, ad esempio) e trattando in maniera così pressapochista un tema gigantesco come la solitudine?

E dire che la Okuno ha una gestione dei tempi e dell'immagine grandiosa, specie se si pensa che qui è al proprio esordio. Ogni sequenza è girata come se fosse la più importante, nonostante se la prenda comoda in più punti la tensione e il ritmo rimangono costanti. Soprattutto, è il connubio con la fotografia e gli effetti sonori (fateci caso a questi ultimi) a dare quel tocco in più.

Poi però si risolve tutto come una scorreggina.

Vi bastano un paio di rudimenti di scrittura per capire come finirà (per esempio: se vi mostro qualcosa è perché prima o poi verrà utilizzata), e quel finale non apre sbocco a null'altro. C'è una forte critica al victim blaming, al fatto che per una donna sia difficile essere creduta, ma trattato in maniera così banale e didascalica da non risaltare come dovrebbe, vista l'importanza.

Eppure, le scene memorabili non mancano. Quella nello strip club, e il confronto col sospettato, un attimo in cui due solitudini di ritrovano a un confronto impietoso. Una sequenza che avrebbe potuto portare a casa da sola il risultato, ma che viene lasciata lì.

Un peccato, perché poteva essere DAVVERO di più. Ma anche nello scontento, si nota l'affiorare di quello che può diventare un vero e proprio talento.

Maika Monroe comunque è sempre un bellissimo vedere. 






Commenti

  1. Per essere un'opera prima a me è piaciuta molto. L'ho trovato elegantissimo, molto intelligente e curato a livello di regia, scenografie, sonoro e persino costumi (come cambiano i vestiti di lei nel corso del film è molto interessante), tutti elementi che mi hanno portata sorvolare sulla prevedibilità della trama. La Monroe, poi, è favolosa!

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    1. Ma non è neppure una questione di prevedibilità. E' tutta estetica e basta. E ti dirò... a tratti l'ho trovato pure classista...

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  2. Se lo guardi su Shudder guadagna subito punti, in sala potrebbe non reggere infatti sta dividendo nei pareri, anche se le tue critiche hanno parecchia cittadinanza. Cheers

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    1. In sala molte sequenze sono state di enorme impatto - anche per via del sonoro valorizzato. Il problema sta tutto nelle intenzioni...

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