DEATHWATCH - LA TRINCEA DEL MALE, di M.J. Bassett

Prima Guerra Mondiale. Un manipolo di soldati inglesi si perde nella nebbia durante una battaglia. Col diradarsi del banco, si ritroveranno in una trincea tedesca semi abbandonata, ma... forse non sono soli, ultraterrenamente parlando...

Se parliamo di carriere molto strambe, non possiamo non citare M.J. Basset, al secolo Michael J. Basset. E fa quasi ridere pensare he abbia iniziato come assistente alla regia di Big fish... ma non quello di Tim Burton, bensì l'omonimo diretto da Stefan Schwartz ben sei anni prima.

Poi sono seguite una serie di scelte a dir poco sbagliate e compiti ingrati che è stata costretta a firmare come artista completa. Solo che se su Silent Hill 3D si poteva fare questo discorso, lo stesso non vale su Solomon Kane, e qui iniziano le bestemmie.

Poi c'è questo film.

I tempi della transizione erano ben lontani e stava ancora lavorando per Schwartz, stavolta per Il club dei rapimenti, e la sceneggiatura per questo film portava il titolo di No man's land. Lo script era stato sottoposto a molti studios, ottenendo continui rifiuti quando Basset anticipava che voleva dirigere di proprio pugno il film, ma alla fine riuscì a trovare i fornitori, che però imposero di cambiare il titolo.

Danis Tanović ringrazia molto.

E diciamolo fuori dai denti, è pure un gran bell'esordio, e se la nostra avesse continuato su questa strada ora sarebbe ricordata come una regista di tutt'altra fattura, e non come quella costretta a fare i direct to video con Megan Fox - anche su questo, più avanti, ci ritorneremo, perché vanno dette due parole.

Siamo dalle parti di Black Death, quei film fattoi con pochi mezzi, un senso della raffinatezza pari a quello del cugino di campagna che alla cena di Natale si esibisce in una preghiera coi rutti, ma che allo stesso tempo dimostra un'abilità e una voglia di fare in grado di mettere all'angolo pellicole ben più blasonate.

Il pulp è stato sempre svilito più di quanto meritasse, ma è un genere che può offrire molto e che, come ogni storia, può veicolare messaggi. Questo sta nelle mani del narratore che si trova e la Basset ai tempi non è che avesse la stoffa, ma proprio il kashmir.

Mettere in scena un mondo che cade a pezzi e i suoi protagonisti che trovano nuovi spazi, necessita di un occhio notevole. Al di là dei limiti visibili del budget e di dialoghi non proprio degni di Sorkin, quello che colpisce di questo Deathwatch è la capacità di far risaltare lo sporco e il lercio, tanto che fanghiglia e ratti sono dei veri e propri co-protagonisti.

Si dice sempre che nell'horror l'atmosfera sia importante, e qui è rispettata. Nell'esiguità dei mezzi e delle risorse, la Bassett vola molto altet curando la sua personale messa in scena e giostrando un pugno di caratteristi (svettano sicuramente Billy Elliot e Gollum) alla perfezione. Uomini piccoli e dispersi che lentamente si fanno divorare dalla follia del luogo e degli eventi.

Non solo lerciume ambientale, ma anche morale. Una sceneggiatura efficace la vedi anche da come risultano naturali situazioni estreme, e tralasciando i momenti gore (centellinati, ma efficacissimi - tipo la scena delle gambe) lo schiumare dei vari soggetti è gestito alla perfezione.

Abbiamo quello che non vorrebbe essere lì, quello che prosegue per orgoglio, quello che cerca di rimanere lucido nella follia e chi invece nella guerra trova il pretesto per scatenare il proprio animo più violento.

In tutto questo, non avremo mai una vera e propria risposta sulla natura del posto. La Bassett, senza mai rinunciare alla natura pulp del progetto, dimostrò di essere una regista molto più raffinata di quello che poteva sembrare lasciando aleggiare tutto in un fantomatico non detto, aperto a mille ipotesi (mai confermate o smentito) da parte dello spettatore, e regalando una scena finale che con poco sa inquietare con maestria.

D'altronde, come ci ha ampiamento dimostrato, il vero orrore è umano...







Commenti

  1. Che bella cosa che hai recuperato. L'avevo visto qualche anno fa su consiglio di Lucia e mi era piaciuto molto. Inquietante, intelligente e con degli ottimi attori, peccato sia così poco conosciuto.

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    1. Purtroppo ha avuto una fine da «cestone dell'autogrill», ma meritava. Alla sua regista non capisco che sia successo...

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