NON ODIARE, di Mauro Mancini

Simone Segre è un affermato chirurgo di origini ebraiche che, dopo un escursione di canottaggio, assiste a un incidente. Nel tentativo di prestare soccorso al guidatore, scorge sul suo corpo il tatuaggio di una svastica e lo lascia morire. Roso dai sensi di colpa, Simone pedinerà i figli del defunto, facenti parti di un gruppo skinhead, e cercherà di...

Il film inizia con una location in montagna che sembra il mio Trentino. Nello schermo compaiono un bambino e il di lui padre. L'atmosfera è tesa, palpabile, fotografata benissimo. Il genitore costringe il figlioletto ad affogare un cesto pieno di gattini, così, esplicitamente, a schermo. Sul braccio del patriarca, spiccano dei numeri tatuati.

Raga, volete vedere che ho sempre sottovalutato A un passo dal cielo?

Di Non odiare in realtà avevo già sentito parlare a cominciare dal trailer, passato più volte in rotazione televisiva, e devo dire che con poche immagini aveva ben saputo invogliarmi alla visione - poi non avvenuta perché i film italiani non si possono vedere in Italia. L'ho beccato casualmente in tv una settimanella fa e devo dire di aver scoperto in seguito si trattasse proprio di quella pellicola.

Diciamolo, si parla sempre di questo rinascimento italiano che si trascina stancamente da quasi dieci anni, ma ogni tanto gli effetti si vedono al di là dei soliti noti e questo esordio di Mauro Mancini ne fa in parte parte.

Che gioco di parole orrendo...

Ma io vengo dalla cittadella famosa - secondo una leggenda metropolitana - per aver avuto un raduno di skinhead in cui si infiltrò un uomo di colore inneggiante al fu Terzo Reich. Sono abituato all'ironia grottesca. 

Il film poi porta involontariamente con sé un'altra questione, quella relativa al "film italiano". Che ultimamente, durante i vari fenomeni patriottici capitati sugli schermi nostrani, la frase tipica era che "non sembra un film italiano", come se esserlo abbassasse automaticamente il voto. La cosa ironica però è che mi sono trovato a pensarlo più volte nella prima parte del film, perché il novizio Mancini adotta delle soluzioni visive che non collocheresti mai alla nostra tradizione filmica - o almeno, al pregiudizio che si porta dietro.

Oltre all'incipit bomba, ci sono una serie di riprese a effetto, fotografia saturata nei momenti opportuni e anche delle riprese con tanto di droni che sembrano più uscite dal Fincher-tipo che da una produzione Rai. 

Che a pensarci, le cose fatte bene non devono avere nazionalità, ma le palle quadrate che mi fece la docente di alternativa alla religione appassionata di drammi nostrani crearono in me un brutto pregiudizio. 

Tutta la mia generazione ha una storia di pregiudizio assoluto con il cinema italiano e ci ricolleghiamo a quello di cui il film tratta. Certo, tra un Jeeg Robot e un Favolacce c'è anche tutto il resto, ma poi c'è anche la realtà che porta a un certo revisionismo che rende film come questo sempre graditi, perché ricordarci a chi si deve dare giustamente dello stronzo si fa sempre bene. 

Questa la base. Poi mi piacerebbe dire che mi sono visto Italian History X, ma almeno siamo lontani dalla denuncia sociale de La discoteca con Nino D'Angelo.

Anzi, il film riesce a bilanciare i toni e a trovare una propria uniformità stilistica e narrativa, divenendo serioso, riflessivo e marcio dentro, ma anche accessibile al pubblico più vasto, dicendo quello che vuole e non risparmiandosi nemmeno un paio di stoccatelle inaspettate. Ma soprattutto, evita quel tono da "è arrivato il professorone di sinistra" e abbraccia tutti i suoi personaggi, anche i peggiori, riuscendo a dare loro una parvenza di tridimensionalità. 

Anzi, sono proprio i due fratelli nazi a regalare i momenti migliori, quelli di due personaggi ai margini, con tutte le brutture che il ruolo si porta dietro - diciamolo senza tanti peli sulla lingua, il fascismo è merda e se la pensate diversamente siete democraticamente invitati ad abbandonare queste pagine, anche se vostro nonno ha avuto un'infanzia felice sotto il fascismo - e mettendo sullo schermo due pezzi di umanità che non mi sarei aspettato. Molto umilmente, credo che se qualcuno riesce a farti provare empatia per due soggetti simili, mostrando l'umanità sotto il velo di merda che fa da contorno, allora è un ottimo narratore.

Due interpreti bravissimi poi non guastano, eh.

E sempre a proposito di interpretazioni, vale la pena di elogiare anche Gassman jr. e la sua performance basata sulla sottrazione, dimostrando doti che non gli avevo mai visto prima. Chapeau, anche se non ho mai avuto nulla contro di lui, ma qui mi ha davvero sorpreso in positivo.

Poi si, a forza di voler fare i brillanti arrivano pure certe magagne.

A metà film abbiamo una sottotrama neo-noir che non ho ben capito a che servisse realmente, se non ad allungare il brodo e a dare una svolta narrativa che voleva far arrivare a un preciso punto perfettamente raggiungibile con quanto c'era già, togliendo possibili implicazioni che potessero rafforzare il cerchio-triangolo. E la gestione di tutti i conflitti arriva a un termine che non compie il miracolo necessario per giungere a qualcosa alla propria stessa altezza.

Insomma, dopo quei primi venti minuti col botto, si arriva a un finale piuttosto innocuo, in cui il conflitto del protagonista mi pare gestito abbastanza all'acqua di rose. Ma poi ci regalano una scena finale che, beh, anche lì, seconda vera sorpresa del lotto. 

Non risolleverà le magagne di cui sopra, ma aumenta il punteggio cazzimma.

Tra l'altro, questo è il primo film ad essere girato dentro la Sinagoga di Trieste. E che qualcuno ci ricordi, proprio adesso, che certa storia sta rischiando di ritornare, è solo un bene.

Poi, non me ne voglia il titolista, ma... io li odio i nazisti dell'Illinois!






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