PETITE MAMAN, di Céline Sciamma

Dopo la morte della nonna in una casa di riposo, la piccola Nelly va coi genitori nella casa della matriarca. Quando la madre Marion la lascia sola col padre, la bambina troverà una nuova compagna di giochi nel bosco vicini, e anch'ella si chiama Marion... 

Come disse quello che adorava mettere il culo nelle ortiche: ognuno ha i suoi gusti. A me, come ben saprete, piacciono le storie tetre, morbose e, finché non si inchiappettano neonati, anche oltre i limiti. Sono semplicemente fatto così, un bimbo di Cronenberg (anche la birra, ma intendevo il regista), e credo non cambierò mai.

Poi c'è il cinema di Céline Sciamma che è proprio un altro campionato.

Trovo ancora oggi molto strano che il cinema della Scianna mi piaccia, ma fu lei a salvarmi durante il lokdown e a pomparmi del cuore qualche steroidata di bellezza con Ritratto della giovane in fiamme, un film che è così lontano da me ma al contempo così vicino a chiunque, in grado di trattare certi temi con una leggerezza a dir poco insostenibile - e delle immagini pittoriche da far invidia a qualunque instagrammaro aestethic wannabe.

Questa sembra essere la cifra stilistica dell'autrice francese e pure in questo caso si replica. Tra l'altro, con un film così simile ma al contempo totalmente differente dai precedenti.

Via la tematica sessuale e dell'identità di genere, o dell'identità in generale, per una storia a misura di bambina, profondamente femminile ma così umana da riuscire ad abbracciare qualunque tipo di spettatore disposto a concedergli quel poco più di un'ora che richiede la visione.

Via anche l'estetica a tutti i costi del precedente lavoro, per un film minimale, lineare, senza particolari guizzi ma che proprio nella quotidianità e nei silenzi ha il proprio cuore pulsante.

Perché sì, ci vuole talento a raccontare il nulla ma soprattutto nel mettersi alla stessa altezza delle persone che si vogliono narrare, senza onniscienza, ma favorendo il loro sguardo, risolutivo in questioni che attanagliano pure gli adulti.

Nelly non capisce tutto quello che sta succedendo, ma lo spiega a noi spettatori con una semplicità disarmante, semplicemente camminando e mettendo i scena col suo avanzare quel non-passato e divenendo amica di quella non-mamma, mentre l'altra non si trova ed è via per qualche motivo.

Ed è in quelle scene che ci sarà la già annunciata dal titolo unione, quell'incontrarsi di nuovo, quel trovare una linea vicina in quel dolore che sentono a modo loro - per ovvi motivi anagrafici, anche. 

Se proprio vogliamo definirlo in qualche maniera, possiamo dire ce è un film sulla ricerca del passato per riparare i rapporti del presente, cercando di dare una seconda possibilità a una serie di cose che non si ha la maturità di comprendere fino in fondo - a qualunque età.

Ma è soprattutto un film su cui riesco a dire poco.

Fateci caso, spesso si riesce a dire meno proprio sui film che fanno stare bene, perché nella loro semplicità danno risposte e definizioni molto semplici, e qui è la stessa cosa.

Potrei inerpicarmi sulla dicotomia infanzia/adulti, su come questi ultimo appaiano assenti anche se presenti, sul ponte col passato tramite oggetti... ma certe cose he hanno il talento naturale credo non vadano analizzate.

Diventa come descrivere il cielo.

Ecco, questo film è una piccola porzione di cielo.

Un articolo che non ha molto senso, me ne rendo conto, ma davvero... non mi viene altro. Però volevo ugualmente consigliarvelo e dirvi di vederlo. Non vi stravolgerà o cambierà la vita, ha pure dei difetti, ma vi farà stare bene per un'ora e qualcosa.

Di questi tempi, è già un piccolo miracolo del presente.






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