THE WOLF HOUSE, di Cristobal León & Joaquín Cociña

Maria è una ragazzina che scappa dalla colonia isolata in cui vive e, per sfuggire a un lupo, si rifugia in una casa abbandonata. Lì verrà accolta da due maiali, gli unici abitanti, coi quali instaurerà una convivenza, mentre la casa muta insieme a lei...

Continua la mia convivenza con MUBI e con quel suo menu molto aesthetic che, se da una parte è sicuramente meno intuitivo di Netflix, dall'altra ti porta in quel limbo che mi fa venir voglia di aggiungermi una laurea in lettere sul curriculum. 

Ravana e ravana poi, ti trovi questa strana roba dove si nota un uso ambiguo della stop motion, atmosfere malate e perfino due maiali animati in plastilina intenti a intraprendere faccende strane...

Non so voi, ma mi sono fatto comprare per molto meno.

La casa lobo è l'esordio vero e proprio in un lungometraggio di Cristobal León & Joaquín Cociña, due animatori cileni già firmatari di diversi corti animati sperimentali e di videoclip, tipo Te quise di Camila Moreno. Sono stati anche i responsabili delle animazioni di Beau is afraid di Ari Aster e questo "ostellaggio" per la A24 mi fa ben sperare per una eventuale carriera su larga scala, dato che di talento ne hanno e penso si meritino solo il meglio.

Unico inconveniente: stanno messi peggio di me.

Questo loro film è bellissimo, qualcosa che ti tiene sveglio anche se sei reduce dal primo turno e crolli dal sonno, ma è malato, sporco, perverso e insano. Tutto senza mostrare a schermo atti di depravazione veri e propri, ma trascinandoti in un limbo di melma e merda che ti resterà addosso anche dopo i titoli di coda. E' una cosa che personalmente adoro ma, un po' come spalmare il culo sulle ortiche, mi rendo conto non possa piacere a tutti.

Stop motion, poi, altra tecnica che mi piace un sacco ma che ho scoperto molti non digeriscono - forse perché non consci dell'enorme lavoro che c'è dietro. Qui però non abbiamo quella resa famosa da Tim Burton o Henry Selick, siamo più dalle parti di Jan Švankmajer, l'autore ceco surrealista di robe come Lunch, Breakfast o Dimensions of dialogue, anche se gran parte della tecnica mi ha ricordato i lavori del graffittaro BLU, tizio con cui la mia classe delle superiori si era inscimmiata ai tempi.

Già questo basterebbe a farvi capire con che strana bestia abbiamo a che fare, perché la natura animata di La casa lobo non permette certe virate canoniche e la pellicola per tutta l'ora e dieci di durata non abbandona mai queste due tecniche e il mood dell'assurdo che ha sposato fon dall'inizio, tolta una piccola parentesi documentaristica all'inizio.

E già qui dovremmo capire diverse cose.

Perché se sei un animatore, soprattutto di stop motion, non improvvisi. Mai. Tutto quello che fai ha un senso, anche dove non riusciamo a coglierlo.

Ma prima, una piccola lezione di storia...

Forse il nome Paul Schäfer non vi dirà granché. Immigrato tedesco nel Cile di Pinochet, fu un ex appartenente della gioventù hitleriana che, non potendo combattere in guerra perché fisicamente non idoneo, lavorò come infermiere nella Luftwaffe. Al termine del conflitto fondò delle comunità religiose, fino ad essere incriminato per abusi su minori e, si dice, grazie a ODESSA trovò rifugio insieme ad altri gerarchi in Sudamerica. Qui fondò la città-lager di Colonia Dignidad che durante la dittatura di Pinochet fu lo scenario di torture e omicidi di dissidenti politici. 

Leggenda vuole che vi abbia soggiornato pure Joseph Mengele.

Per gli interessati, esiste il film Colonia di Florian Gallenberg con Emma Watson e Daniel Brühl.

Credo sia superfluo dire che il film fa riferimento proprio a quel fatto, col filtro deformante della fantasia e dello sperimentalismo, ma nella sua follia visiva cerca di dare forme alle sofferenze del popolo cileno.

Chissà se loro hanno qualcuno che va a dire in tv come suo nonno abbia avuto un'infanzia felice sotto la dittatura...

Comunque, già dopo queste info molte cose dovrebbero apparire chiare, così come certe strutture hanno origini da un disegno che ricorda una svastica, perché i due maiali prendano forma umana come due bambini dia capelli biondi e pure le canzoncine in tedesco (in Colonia Comunidad, oggi Villa Baviera, erano costretti a vestirsi con costumi bavaresi e a catare canzoni in lingua teutonica). 

The wolf house o La casa lobo che dir si voglia, ha le caratteristiche di un horror perché proprio da una storia di orrori prende spunto, e arricchisce la propria narrazione aggiungendoci paure ataviche insieme a trip mentali che altro non sono che la ricerca della propria libertà.

Che tutto parta per un atto di disobbedienza di una giovane donna dona ancora più valore a un'opera simile e alla disperazione di cui fa portavoce, a mio parere.

Tutto il resto è il mondo impazzito di cui quella casa diventa il cuore, ma anche tutto lo scibile che una giovane donna (quasi una bambina) attraversa col corpo nella propria vita. Ma la realtà è che il film è così stratificato da non poter cogliere tutto, e anche senza comprendere, il fascino emanato da ogni singolo fotogramma non ha eguali nella recente filmografia.

León e Cociña entrano a pieno diritto nel mio Olimpo.

Fate come credete, ma cercate di vedere questo gioiello animato misconosciuto in ogni maniera, perché sarà l'ora e dieci meglio spesa della stagione, mi ci gioco il gatto. E perché l'arte dovrebbe essere ciò che ci fa viaggiare, anche in luoghi che avremmo preferito non vedere.

Qui poi siamo davanti all'eccellenza dell'animazione. Mi spiace solo non abbia avuto il giusto riscontro che merita.






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