BEAU HA PAURA, di Ari Aster

Beau è un uomo vicino alla mezza età, pieno di fobie e con un tormentato rapporto con la madre. Il giorno dell'anniversario della morte del padre deve andare a trovarla, ma le chiavi del suo appartamento e il bagaglio vengono rubato, innescando così...

Beau ha paura e nemmeno io sto tranquillissimo.

Pure Ari Aster (da qui in poi soprannominato Ariosto per comodità) c'ha un po' di ansietta. Nonostante la markettata di Scorsy, è uscito da questo terzo round dietro la macchina da presa con le ossa rotte. Incassi (prevedibilmente) sotto le aspettative e una critica spietatissima che lo ha massacrato senza pietà. Col senno di ora, mi sembra già assurdo che qualcuno abbia tirato fuori trenta milioni di dollari per un film simile...

E non perché sia brutto, ma qui andiamo oltre quella concezione, ed è ciò che molti non capiscono quando si parla di film, di idee, di storie... di arte.

Cos'è l'arte alla fine?

Personalmente, lo capii quando vidi dal vivo un dipinto che Van Gogh realizzò durante la reclusione a Saint-Rémy. Per me, che scrivo su un blog e non sono un cazzo (poi ci ritorneremo) di nessuno, è quando qualcuno ti permette di entrare nella sua mente. Può valerne o meno la pena del viaggio, perché pure Wilde insegnò che esiste arte pessima, ma intanto ringrazi di aver fatto il bagnetto nei suoi neuroni.

È il motivo per cui continuo coi film di Lars von Trier o i libri di Michel Houellebecq. Perché quando si trova una voce che ha il coraggio di esprimersi e di farti vedere il modo in cui lui osserva il mondo, allora è sempre qualcosa di prezioso, al di là del risultato.

Ariosto poi è uno che le cose le sa fare e questo di sicuro non guasta. Aveva già dimostrato con Hereditary e Midsommar di non essere uno sprovveduto... certo, forse un entusiasta che tende a strafare o a perdersi nei suoi stessi (magnifici) manierismi, ma uno con una personalissima idea di cinema che ostinatamene la porta avanti fino allo sfinimento.

Del resto, basta solo la scena dopo il titolo per capire di che pasta è fatto. Una seduta psicoanalitica, Joaquin Phoenix in una posa innaturale e un gioco prospettico alla facciaccia di Peter Jackson che lo fa apparire minuscolo rispetto al terapeuta, dotato tra l'altro di una fisicità a dir poco grottesca. Degli elementi calibrati alla perfezione per donarci tutto il disagio del personaggio, la sua inadeguatezza... la paura verso qualcosa.

Qualsiasi cosa.

Beau ha paura, ce lo dice già il titolo. Non ci serve sapere altro. O forse no?

Non so dire se ho compreso tutto. Beau is afraid è stratificato, volutamente criptico e pieno di sottotesti, che in più punti rischiano di mangiarsi la narrazione e di prendere il sopravvento sugli intenti della pellicola. Quello che mostrano è tutto vero, fa parte delle turbe mentali del protagonista, oppure si sacrifica tutto in nome della metafora?

Ariosto ci crede molto in questo progetto e si vede. Infarcisce il film di mille trovate, tra cui anche una magnifica sequenza animata (dai registi di The wolf house, giusto per non farsi mancare nulla) in un minestrone dove realtà e immaginazione si fondono pericolosamente, suggerendo più interpretazioni ma non prendendo mai nessuna strada precisa.

Ne esce uno dei ritratti materni più destabilizzanti degli ultimi tempi e uno dei rapporti genitoriali più disastrati che io ricordi, e forse proprio per questo coraggiosissimi per come si diverte a disfare la famiglia, ancora oggi uno dei massimi tabù della nostra società.

B(eau)asta questo a renderlo un capolavoro? No.

Beau is afraid è sì un film esagerato che non ha paura di farla fuori dal vaso, ma a una certa (vuoi per nostra incapacità di comprendere, vuoi per tutte le metafore che non si riescono a cogliere o anche perché sì, semplicemente) si perde sui suoi stessi passi, in un gioco all'eccesso continuo, dove la durata a tratti risulta un surplus (per quanto il ritmo sia tenuto altissimo per tutte le quasi tre ore - oggi se non fai un film da tre ore non sei nessuno) per un protagonista che non compie un'evoluzione precisa, ma rimane perennemente vittima degli eventi.

Degli eventi e di una figura materna ingombrante come poche, le cui "gesta" forse avrebbero necessitato di una qualche motivazione in più, perché così appare solo come il delirio di una pazza che ha voluto rendere la vita impossibile al figlio, tessendo un piano di proporzioni inumane che The Truman show scansate.

Senza contare la figura del marine schiumato. Di quel personaggio non ne ho proprio compreso la finalità, se non mero deus ex machina - chi ha delle idee faccia un fischio.

Tutto il resto è, per me, quanto di meglio il cinema possa offrire, anche nei suoi eccessi e in quel suo girare a vuoto che però non mi ha fatto staccare gli occhi dallo schermo per tutta la durata. Immagini e sequenze di una bellezza incredibile, dei film dentro il film, la narrazione di una vita non vissuta, del ricordo dell'unico momento felice insieme alla visione della vita che si sarebbe voluto vivere. 

Beau ha paura, già, perché è la vita ad essere spaventosa. Vuota, caotica nel senso peggiore, ovvero pregna di caos, di non-senso. Ma soprattutto, ha paura di tutto l'amore che avrebbe voluto da quella sola persona e che gli è stato negato fin dalla nascita, condizionando tutto il tempo a seguire, giorno dopo giorno.

Forse Ariosto avrà fatto una buddhanata come dicono molti, ma altrettanti sono caduti con ambizioni ben minori. Solo per il coraggio che ha avuto lui, per me un autore andrebbe premiato. Qui per la gran parte del tempo è stato pure convincente.

Beau ha paura, sì.  

Ma del resto, chi non ne avrebbe scoprendo che il proprio padre è un cazzone?

- ok, questa la capirete solo a film finito...






Commenti

  1. Per me è stato il film-evento della stagione scorsa (l'ho messo al primo posto). In pratica quattro film in uno, un'allegoria visiva che lascia esterrefatti per coraggio e complessità. Ovvio che sia andato male al botteghino, ma c'è più arte in quest'unico film che in tutto quello che passa per le sale in 7n anno!

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    1. È un film così... "film" da rendere veritiero qualsiasi giudizio. E sul coraggio non si discute!

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  2. Il primo atto per me è spettacolare, un mix di Arancia Meccanica con i Coen. Poi gli ultimi due atti li posso discutere per filo e per segno, ma hanno il loro bel valore. Sono quasi tre film in uno, per me il migliore che ho visto di Aster fino ad ora.

    La scena del pene gigante, quasi fuori contesto.

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    1. QUELLA SCENA è quasi da «No, Maria, io esco!», citando Lazzaro 😂 tutto il resto andrebbe analizzato fotogramma per fotogramma...

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