OLTRE LA NOTTE, di Fatih Akin

Durante un attacco dinamitardo, Katja perde marito e figlio. I colpevoli, membri di un partito di stampo neonazista, verranno rintracciati, ma ottenere giustizia durante il processo sarà comunque difficile. Anche perché...

Non conoscevo il regista Fatih Akin prima de Il mostro di St Pauli, film che sembro aver adorato solo io, e all'epoca mi persi il suo esordio Soul kitchen perché l'avevo boicottato in favore di Avatar. Sto cercando di recuperare perché mi sembra una voce particolare, uno che dice quello ce vuole senza tanti giri di parole, che...

No vabbè, chi voglio prendere in giro. Ho voluto vedere questo film solo per Diane Kruger.

Con la creature di Wes Craven condivide il cognome perché ha albergato nei miei sogni per parecchio tempo insieme alla Cotillard e alla Chastain. Va detto però che, così come il bel resto della triade, si tratta di una splendida attrice e che proprio con questo film è riuscita a dare una delle prove definitive di questo decennio, portandosi a casa la Palma d'Oro come miglior interprete femminile.

Io spesso bypasso la parte attoriale in favore di tecnicismi narrativi che sono più "roba mia", ma quando siamo di fronte a un'interpretazione in grado di innalzare - se non proprio di portare il peso da sola - tutto il film, allora questo va detto e ribadito in tutte le salse.

Diane Kruger è un'attrice divina, anche se nessuno lo avrebbe detto ai tempo di Troy, ma quel film aveva ben più di una criticità. Solo, spesso ancora oggi il suo nome non ha il risalto che merita ed è pure così bella da non risultare credibile quando deve presentarsi 'trascurata', ma quello è più un mio problema di venerazione...

C'è una scena durante l'apertura della parte processuale: una dei sospettati va ad abbracciare il partner in crime (in tutti i sensi...) e Katja li guarda furente, l'odio che le sprizza dagli occhi. Un delicato movimento di macchina al rallentatore - usato bene, quindi #Snyderimpara - susseguito da dei rapidi stacchi di montaggio che zoomano verso di lei.

Una sequenza raggelante a favore di un'interpretazione sublime.

E tutta questa parte mantiene questi livelli altissimi.

Akin e la Kruger hanno il merito di aver reso intrigante e dinamica come un film d'azione il lotto centrale, cosa non semplice dato che verte tutto sulla presenza in aula e sulla staticità. Ma il peso emotivo che porta allo spettatore raggiunge livelli altissimi, quasi insostenibili, tanto riescono a rendere credibile tutto quanto con pochissimo, senza strafare - come alcuni lo hanno accusato di fare col film successivo.

Le chiacchiere, la sofferenza di lei, la discussione delle prove, le testimonianze e l'avvocato dell'accusa (personaggio odioso al limite, un serio complimento all'attore), unite al fatto che Akin ci dice esplicitamente la colpevolezza degli imputati già ad inizio film, sono un excursus processuale che ha dell'assurdo e che da solo si mangia tutto il film. E ripeto, tutto questo fissando delle persone sedute che parlano.

Succede però che quando si parte col botto, poi è difficile rimanere sullo stesso livello e grossomodo qui accade proprio questo. 

Aus dem nichts inizia come dramma della sofferenza, prosegue tra le aule del tribunale e poi diventa una ricerca della vendetta nuda e cruda, con tanto di denuncia sociale scritta a schermo. Ironicamente, la parte simbolo di tutta la pellicola è quella che sulla carta doveva convincermi meno, lasciando un retrogusto quasi trattenuto sugli ultimi minuti, che non potevano avere altra conclusione ma non reggono con la perfezione formale e di scrittura avvenuta prima.

Akin si ispira all'attacco di Colonia del 2004 per imbastire la sua personale critica alla storia del paese che lo ha adottato, denunciandone un passato ancora duro a morire che ne segna indelebilmente la storia e anche una piccola parvenza del presente. Non offre alternative, non ci sono speranze in questa storia di ultimi - così come lo sono gli stessi nazi - ma mettendo anche dei personaggi che in mezzo a tutto quel marciume riescono a offrire una flebile luce di speranza - il padre di uno degli attentatori è un personaggio dalla delicatezza incredibile. 

Il nostro si dimostra, con solo due film, un regista in grado di guardare l'estremo dalla giusta distanza, discostandosi dai toni ben più leggeri degli inizi e diventando così una nuova firma da tenere d'occhio per un cinema europeo che non ha paura di sporcarsi le mani nel trattare la società e tutto il lerciume che cresce tra le sue spire. 

Ma soprattutto, uno che con soli due film ha saputo spremere i suoi attori affinché ci regalassero delle performance difficili da dimenticare.

Poi vabbè, il mio è anche un lungo e infruttuoso atto d'amore nei confronti della Kruger, ma i bei film sono innegabili anche davanti alla peggior cupidines prosciuttesca. 






Commenti

  1. Bello, con questa prova la Kruger ha fatto ricredere in molti (anche io che la consideravo più per la bellezza e lo stile che come attrice)

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  2. Poteva avere una migliore carriera la bella Kruger, che dopo questa Palma d'oro è finita nel dimenticatoio, forse per scelte sbagliate o per gli anni che passano (terribili per una donna, a meno che non sei Meryl Streep o Frances McDormand). Peccato. Quanto ad Akin non ho mai straveduto per lui però bisogna ammettere che il suo cinema "muscolare" è molto efficace. Questo è senz'altro il suo film migliore

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    1. Ha avuto una figlia, forse ha deciso di rallentare la carriera per quello

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    2. Purtroppo è vero, questo è il suo ultimo titolo "importante", anche se prima le occasioni per dimostrare quanto vale non le sono mancate.
      Sul tempo che passa... beh, su di lei non si vede minimamente 🥰🥰

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  3. Non eccezionale ma si fa ricordare, ed è già molto ;)

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    1. Più per lei, a mio parere. Un'interpretazione monstre che si mangia il film...

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