AL DI LÀ DELLE MONTAGNE, di Jia Zhang-Ke

Fenyang, 1999. Tao è una bella e giovane insegnante corteggiata da Liang-zi, un onesto minatore, e Zhang, un giovane uomo che vuole lanciarsi nel mondo degli affari. La ragazza sceglierà la yuppie, ma questo non è garanzia di una vita felice, come dimostreranno i venticinque anni a seguire...

Campo largo che si stringe sempre di più su una balera cinese. Tutti ballano come dei deficienti e vederli ridere crea un senso di marciume interiore. Personalmente, dopo un paio di minuti ho realizzato che la canzone dance in sottofondo è stata l'inno del Napoli, o almeno, ci somiglia vagamente - e qui mi blocco prima che la mia ironia ferma ai cinque anni accenda la miccia del flame.

Questo è l'inizio di un film magnifico che forse non avrete mai sentito nominare, come a dire che le prime impressioni possono portarvi fuori strada.

Reduce dal successo commerciale di Il tocco del peccato, che rimane tutt'ora una parentesi anomala nel suo cinema Jia Zhang-ke ritorna a quello che gli riesce meglio: il drammone e la critica al proprio paese. Perché quelli che amano rompere il cazzo a priori mi stanno automaticamente simpatici, se poi hanno un talento innato, allora capisci che la provocazione e la critica hanno davvero senso di esistere.

La cosa non ha sempre portato buona fortuna al nostro, arrivando pure a bloccare la diffusione dei suoi film nel paese natio, ma lui al contrario del calabrone lo sa, e come esso lo fa lo stesso.

Allo stesso tempo però sarebbe ingiusto etichettare questa meraviglia di sentimento ed emozione come un'invettiva contro la Cina, perché nella sua semplicità riesce ad essere davvero molto di più, caratteristica che solo ai grandissimi autori riesce.

Joia Zhang-ke lo è, e forse dovrebbero accorgersene più persone.

E' innanzitutto la storia di una donna e della sua scelta, forse una delle scelte più importanti della vita o quella che può condizionarne gli aspetti principali, specie in una società (ancora più) patriarcale come quella in cui vive. E' la storia di una donna dalla bellezza tutta sua, quella Zhao Tao che è la musa di questo regista e si carica addosso la delicata responsabilità di essere il traino di un intero film, con un personaggio semplicissimo ma in grado di entrarti dentro.

E' la storia di una Cina sempre divisa tra chi guadagna e chi rimane sullo sfondo, tra il progresso e il rimanere fin troppo ancorati a certe scelte e di come questa velocità (caratteristica del mondo orientale) abbia portato a un cortocircuito identitario.

E sì, è anche una storia d'amore, a suo modo. Prima un triangolo e poi di una madre che cerca di riallacciare rapporti con un figlio che rischia di non riconoscerla più e della lontananza che li separerà definitivamente.

Jia Zhang-ke divide il racconto in tre segmenti perfettamente bilanciati, non solo per la modalità narrativa, ma anche per come decide di adattare il supporto visivo nel corso della pellicola, a quello quasi "casalingo" del primo, a quello allargato del secondo e l'ultimo, quello "panoramico" - scusate ma odio mettere i numeri die formati, capimose.

Ognuno di essi ha un colore predominante, un mood che accompagna il susseguirsi delle scene. Perché se il primo si adatta alla geometria del triangolo sentimentale venutosi a creare, il secondo allarga l'orizzonte degli eventi e il terzo lo adatta a una modernità futurista che si verrà a creare - la scelta del futuro prossimo però rimane una vaga esagerazione. Ma rimane comunque un racconto di persone e personaggi, caratterizzati dalla delicatezza che mi ha ricordato i romanzi di Kent Haruf.

E si arriva così  la senso di quel titolo, a quelle montagne da superare per avere una vita migliore che il proprio paese non può offrire. 

Ma è davvero così?

Alcuni le montagne le oltrepasseranno, altri vi faranno ritorni, altri ancora cambieranno proprio continente. Rimane impressa - non solo per la bruttezza della CGI - l'immagine di un aereo che si scontra proprio contro di esse, ma soprattutto, rimarrà impresso quel finale sotto le neve, di una semplicità tale che riesce a ferire come una coltellata.

Il paese in cui si vive ha molte cose che non vanno e schiaccia tutti in maniera implacabile in nome di un'espansione economica che vede le persone come numeri. Ma non si può comunque diventare esseri completi se non si conosce la propria storia, in un modo o nell'altro.

E sotto quella neve, ci sarà un ritornare a un tempo più semplice e felice, dove gli orrori non tanto della politica o della società, ma della vita adulta e delle scelte intraprese, non avevano ancora presentato il conto.

Jia Zhang-ke rimane una delle più belle scoperte cinematografiche di quest'anno, una persona in grado di offrirti il mondo e di farti scavare in esso con la delicatezza di un chirurgo delle anime.

Seriamente, guardate i suoi film perché non si parla mai abbastanza di lui.






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