KILLERS OF THE FLOWER MOON, di Martin Scorsese

Oklahoma, anni '20. Gli Osage trovano un ricco giacimento petrolifero nella loro terra, diventando così il popolo più ricco del pianeta. Tutto quello farà gola a molti, tanto che diversi nativi verranno uccisi in circostanze misteriose. Il reduce e beota Ernest scoprirà che... 

Si dice che l'età renda più conservatori e calmi. Ditelo a Martin Scorsese, che a ottant'anni suonati non solo ti rifila un mapazzone da quasi quattro ore, ma si è inimicato mezzo mondo con le sue dichiarazioni e non ha perso un minimo del suo violento cinismo dietro la macchina da presa.

D'altronde, un regista che risponde male: Martin Scortese...

Io comunque quando uno degli dèi del cinema chiama, non posso che rispondere. Unico quesito, ma se non ho più visto nulla dopo Avengers: Endgame, riesco a capire tutto lo stesso? 

Scorsese è sempre rimasto fedele a sé stesso e alla propria idea di cinema e, a una certa, non credo abbia più nulla da dimostrare. Appartiene a quella razza che un film brutto è pure in grado di farlo (e nessuno è immune da critiche di qualunque tipo, in ambito artistico, sia chiaro) ma un film fatto male no, e ce lo ricorda, lo ribadisce, anche alla luce delle ultime dichiarazioni tranchant, con questo monolito dalla durata monstre.

In virtù della sua fedelissima fedeltà, tra l'altro, continua quel suo discorso sulla natura umana e come essa abbia dato e basi dell'America su cui cammina quotidianamente, mettendo le zone d'ombra dell'animo umano nell'ombra stessa di un paese formatosi sul sangue e sulla sopraffazione.

Che abbia parlato di tassisti insonni, macellai gangsta, affaristi impiccioni o gestori di bische che hanno sognato in grande, il suo cinema ha sempre ruotato intorno a questo. Pure quando parlava di Cristo, statece. Figurarsi se non aveva qualcosa da dire anche sui veri americani.

Adattare il saggio Gli assassini della terra rossa di David Grann non era impresa semplice e pure il film lo ricorda, permettendosi le solite ellissi dialogiche che sono un marchio di fabbrica del cinema del nostro. Si tratta di un pezzo di storia che, con tutte le romanzate del caso per i soliti fini artistici, non è molto conosciuta fuori dai confini stellestrisce. L'approccio quindi imbocca molteplici vie, dando al film una natura ibrida pur essendo quanto di più classico possa esistere.

Ce lo ricorda il bellissimo prologo, dove la scoperta del petrolio cristallizza un momento (tra l'altro, Snyder, impara come si usano i rallenty) che sarà la miccia di tutto quello che seguirà, mettendo in chiaro che una nuova era è iniziata. Anzi, l'abbiamo proprio vista nascere.

Per questo pur essendolo di facciata, e solo in parte, non è propriamente un western. Manca un certo feticismo per il paesaggio e, soprattutto, l'idea di trovarsi in un limbo poco prima della nascita della "civiltà".

Qui siamo consci di quanto non ci sarà più, anzi, gli indiani ne fanno proprio menzione nella primissima scena.

Di base è un crime, vera e propria cifra stilistica di Scorsese, che a quel genere ha dato i lustri e i picchi più alti, pur sapendo padroneggiare al meglio tutto quello che ha a che fare con la macchina da presa, ma anche quello che più di ogni altro riesce a descrivere tutti i sotterfugi che hanno portato alla maxistoria di come la loro vita è cambiata, capovolta sottosopra sia finita. Tutto questo, per il vero frutto di quella civiltà importata dai coloni bianchi, quelli che si sarebbero auto-proclamati padroni di quelle terre, americani.  

Un film che condanna aspramente la storia stessa del paese di produzione, offrendoci una gamma di personaggio uno più lercio dell'altro, anche se la vera cattiveria, quella consapevole, appartiene unicamente aa chi detiene il potere, gli altri sono poco più che un manipolo di gonzi ritrovatosi tra le spire di giochi estremamente grandi e complessi.

Scorsese ci ha sempre abituati a personaggi borderline, quasi nessuno dei suoi protagonisti ha mostrato una purezza d'animo ed è proprio per questo che Ernest diventa un individuo abietto ma al quale non si riesce a volere male fino in fondo, anche perché non ci saranno dei veri vinti e dei vincitori in questa storia. O nella Storia, fate vobis.

La storia la scrive solo chi vince, che a volte non è né un giusto o un malvagio. Resta solo la distruzione portata da questo "progresso" attorno al quale si sono trascinati in tanti come coyote affamati, forse il vero ritratto del proprio paese e dell'umanità tutta, quella sporcata con la modernità e il sogno del profitto.

Servivano davvero quasi quattro ore per raccontare tutto questo?

Serve il cazzo che Scorsese vuole, a una certa, che quando uno come lui parla di cinema noi ci dobbiamo mettere a pecora e dire "Sì, maestro", ma siccome siamo persone coerenti...

Inutile nasconderlo, tre ore e mezza alla lunga sono pesantucce. E per quanto gli ultimi tempi ci abbiano abituati a jacksoniane proporzioni (basti pensare a The Batman, Babylon oppure Oppenheimer) qui abbiamo battuto i record, perché di recente non ricordo un film con grandi nomi nel cast dalla durata così elefantica. 

Dal canto mio, non mi sono pesate (ero andato in bagno prima) e la mano del maestro è fluidissima, molto più di come succedeva in The irishman, ad esempio. Tutto quello che racconta serve a costruire le basi della fitta ragnatela su cui distenderà tutta la narrazione, la meticolosa rappresentazione di un vero e proprio ecosistema sociale che posa le fondamenta su un terreno fertile. Tantissimi nomi e facce da ricordare, anche se sarà il volto solenne e fiero (ma anche dolcissimo) di Lily Gladstone a emergere su tutti. 

Quindi, oggettivamente, un grandissimo film. Non è scattata la scintilla come per dei suoi titoli considerati più "modesti", ma quando sei davanti a un monumento, non puoi che riconoscerlo.

Sarebbe da domandarsi come mai  criticare aprioristicamente una scelta artistica anziché domandarsi del perché di una simile decisione da parte dell'autore, specie in un'epoca dove ci si vanta di binge-watching compulsivo delle peggio serie, ma tant'è.

Alla luce di questo, l'ultimo scena sembra proprio una satira di questa questione...

Il cinema, quello autoriale e forgiato da un maestro, è qui. Io ne approfitterei, che in un'epoca di shooter vari, anche un divertissment di un regista vero rischia di diventare una visione necessaria.






Commenti

  1. Sarei andato una seconda volta al cinema per vederlo, peccato mi sia saltata la doppietta. Adorato!

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    1. Ecco, non so se riuscirei a rivederlo nel breve tempo, ma... chi se ne lamenta si merita i Me contro Te 😂🤪

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  2. Non il miglior Scorsese, ma un grandissimo film, di cui probabilmente verrà riconosciuto il valore in futuro, quando gli spettatori non casuali avranno avuto modo di rivederlo e assimilarlo senza la fretta di sparare la recensione di 5 righe sui gruppi FB.

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