TALK TO ME, di Danny e Michael Philippou
Vabbeh, mi consolo col fatto che sia stato mantenuto il titolo inglese, altrimenti mi avrebbe ricordato una canzone di Eros Ramazzotti.
Ad ogni modo sì, Danny e Michael Pippidù in Australia e tra i gggggiovani sono famosi col loro canale Rackaracka. Esordirono nel funesto mare dell'etere che avevano ancora i denti da latte con filmati amatoriali di wrestling che li vedevano protagonisti, fino a diventare sempre più professionali, realizzando corti degni delle produzioni più blasonate. Corto che fai, opportunità che trovi, quindi dopo numerosi premi vinti hanno trovato chi finanziasse il loro esordio, e la buona A24 si è fatta avanti per distribuirlo in tutto il suo fighettume.
Tra l'altro, per la Roma-Teramo è un anno molto fortunato. Dopo i millemila premi di Everything vattelapesca c'è questa pellicola, campione di incassi di fronte a una spesa davvero irrisoria - hanno pure dovuto allargare la finestra distributiva.
Oh, solo quel poraccio di Ari Aster ha floppato.
Pare quindi che ci sia da strapparsi i capelli per tutti gli appassionati. Qui se volete vi danno pure la mano pronta per farlo. Eppure...
Inutile girarci intorno, Talk to me funziona. I due Pipppidù sono bravissimi e superano egregiamente lo scotto del passaggio dallo schermo virtuale a quello della sala, banco di prova di ogni youtuber, realizzando un film con tutti i crismi, in grado di offrire uno spettacolo degno di questo nome e pure delle soluzioni visive neppure tanto scontate.
Ma soprattutto, sanno quando esagerare, come farlo e te lo spiattellano senza tanta modestia.
Non lavorano su quei fottuti jumpscares ma sul disagio, sulla capacità di inquietare col lerciume, lo sporco, il senso di oppressione fornito dalle inquadrature più imprevedibili e adottando una prassi comune dell'horror più tipico (stringi stringi, è un comunissimo film di possessione) ma riuscendo a dare una visione quasi inedita della faccenda.
Perché qui, in effetti, sono i ragazzi che vogliono essere posseduti per partecipare a uno sballo collettivo.
FERMI TUTTI CHE ARRIVA IL METAFORONE!
Metafora delle dipendenze, siano esse quelle verso la droga o l'assuefazione da social... tutti hanno provato a metterci dentro la qualunque. Oggi se l'horror non è elevated allora non esiste, specie se ci sono di mezzo quegli hipster della A24. Ma per quanto questo bellissimo genere sia sempre stato un riflesso delle paure del presente, a volte basta solo una storia in grado di fare quello che deve coi mezzi che ha.
Il che sarebbe di per sé molto bello, ma manca quel salto in più... specie perché il casino se lo creano da soli. Come le precedenti produzioni, dato che ci hanno preso gusto.
Talk to me lavora egregiamente sui meccanismi dell'horror, ma diventa un disastro con tutto il resto, che sia la scrittura dei personaggi o addirittura le logiche interne. Noi col realismo ci facciamo l'elicotterino sotto la doccia, ma la coerenza verso ciò che narri deve esserci a priori, e non cose che accadono perché sì. Questo lo rende una grossa occasione mancata, perché con maggior attenzione e più amore verso i propri personaggi, sarebbe stato un grande film.
Ho come l'idea che sia valso maggiormente come banco di prova per vedere se una possibile carriera sul grande schermo era possibile, per questo è stata adottata una trama tanto scarna. Che ripeto, non è per forza un male, Wes Craven ci ha fatto una carriera sugli spunti improbabili e geniali, ma ogni cosa che viene accennata poi rimane lì, non ha mai un approfondimento e ci restituisce solo la superficie di quanto sarebbe potuto eventualmente accadere.
Perché tutta la faccenda della madre se poi serve solo fino a un certo punto, senza mai avere una vera empatia verso il personaggio di Mia? Perché creare un ambiente dove tutti fanno a gare per essere i più antipatici possibili (davvero, alcuni personaggi fanno rivalutare la pena capitale)? E i video registrati che fine fanno, dato che la dimensione social sembra avere la sua bella rilevanza?
Ma soprattutto, è normale che dei ragazzini idioti qualsiasi abbiano un simile manufatto e se lo portino in giro tranquillamente senza problemi, salvo farsi venire crisi mistiche solo per far andare avanti la storia?
Talk to me è la conferma che spesso a fare i brillanti a tutti i costi si rischia unicamente di darsi il canguro sui piedi da soli, perché è quello che succede ai due Pippidù. Una coppia che scoppia dalla cazzimma esagerata, salvo poi perdersi per strada per motivi solo loro, in un film che poteva ambire ad essere davvero il nuovo Babadook (sul cui set hanno lavorato, tra l'altro) o, molto semplicemente, un Evil dead del nuovo millennio per capacità espositiva e di ritmo. Invece, è il manifesto del sindacato di YouTube, e l'incazzatura sale perché i due sanno come si gira, lo fanno esageratamente bene, ma per quanto piacevole diventa una nota a margine che non valorizza quanto manca sulla carta.
In questa loro indecisione tra forma e sostanza, almeno evitano lo sfaldone finale di Smile, che però a livello tematico completava il proprio discorso con un minimo di coerenza. Qui no, ma ci regalano almeno delle sequenze di grandissimo stile che difficilmente si dimenticheranno.
Ma l'amarezza di quello che sarebbe potuto essere rimane. Che sia quella la vera metafora che ricercavano?
Comunque, mi è venuta in mente una storia interessantissima per un horror.
Due youtubers riescono a fasi produrre il loro primo film, che ha un successo incredibile. Durante il tour promozionale, arrivano a farlo proiettare pure nel Bel Paese, ma appena mettono piede in suolo italico... si trasformano in Frank Matano.
Quello che proponi alla fine del post è un incubo da cui non mi riprenderei mai. Ciò detto, a me è molto piaciuto. Alcune sequenze sono più riuscite di altre, ci sono dettagli che, come hai scritto, in effetti si perdono o cambiano alla bisogna, ma è sicuramente un horror che rivedrei e che consiglierei senza problemi!
RispondiEliminaMa infatti come opera prima è godibilissima! Come Finn, spero possano evolvere bene 🧐
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