UNDER THE SKIN, di Jonathan Glazer
Sdoganata col primo piano titolistico di Sofia Coppola, confermata da Woody Allen nell'ambiguo Match point, fino ad entrare in coscia tesa nell'immaginario collettivo con Iron man 2 e The Avengers. Poi si sarebbe scoperto che vantava già titoli come The prestige, L'uomo che non c'era e Ghost world, ma al di là dei meriti cinefili lei è stata il primo amore di ogni ormonedotato degli Anni Zero, forse l'ultima diva in senso stretto della storia cinematografica recente, almeno dopo il primo decennio del Duemila.
Poi venne questo film, forse il primo che si portava totalmente sulle... ehm... spalle e, da un certo punto di vista, il vero spartiacque della sua carriera, una pellicola che faceva esplicito riferimento a lei come protagonista assoluta ma che conduceva verso lidi che dovevano essere nuovi per l'attrice e l'industria mainstream, una mossa a tratti suicida visto lo sperimentalismo dell'operazione ma allo stesso tempo attuo a finalizzarla come "interprete seria", una di quelle che contano al di là della pura bellezza estetica che ha incarnato.
In realtà, tutti volemmo vederlo perché era il primo film in cui le usciva.
E qui non tacciatemi di maschilismo, ma per la mia generazione fu il motivo principale, oltre che un grande oggetto di discussione dalla stampa specializzata mesi prima che questo titolo vedesse il buio della sala.
Manco fosse Eva Green, scusate...
A distanza di dieci anni e di un Oscar vinto dal suo autore, però, resta qualcosa da dire su questo film?
E' sicuramente assurdo, e purtroppo per un motivo o per l'altro, al di là del nudo dell'attrice si è sempre parlato troppo poco di quello che avrebbe voluto dire e di come intende farlo, raccogliendo elogi sperticati ma anche numerose perplessità da parte delle frange più generaliste. Sembrava che la carriera di Glazer, che ritornava un decennio dopo l'ambiguo Birth - io sono Sean, fosse in procinto di arrestarsi fuori dal settore del videoclip, perché è innegabile che questa pellicola abbia diverse criticità ma, allo stesso tempo, anche un'innegabile bellezza. La prova è che ancora prima di rivederlo, dopo dieci anni certe scene le avevo ancora impresse nella mente.
E sì, a rivederle col senno di poi, con la coscienza più formata e plasmata da innumerevoli visioni e studi sul tema, trovarle ancora bellissime come all'epoca è sicuramente un merito che va sottolineato.
Va anche segnalato il particolare approccio che Glazer tentò di proporre allo spettatore adattando l'omonimo libro di Michel Faber. Via le forme quasi canine degli alieni, via le procedure chirurgiche di asportazione e anche adieu alle varie motivazioni degli extraterrestri, qua resi anche senza nome e che non parlano quasi mai per tutta la pellicola. Anzi, a parte un paio di passaggi, potrebbe essere un film muto dato che i dialoghi si possono contare sulle dita di mezza mano.
A noi non serve sapere perché fanno queste cose, siamo messi sullo stesso piano delle vittime della nostra protagonista e possiamo solo assistere ammirati a ciò che accade.
Tutto questo però non porta ad essere assorbiti, quanto a un'evirazione che si finalizza nell'abbattimento testicolare sul pavimento, perché le summenzionate criticità non possono essere ignorate quando raggiungono certi livelli.
Glazer in vita ha fatto poco, ma quel poco basta a confermarci una propensione al pensare di essere il più intelligente nella stanza. Suddetta intelligenza si concretizza in scene sì bellissime, ma contornate da un montaggio minimale, una morbosa fissazione con gli esterni (potrebbe essere benissimo un western visto il feticismo per il paesaggio) e la convinzione che l'uomo sia tale solo di nome, avendo perso la sua umanità.
La pellicola non parla della scoperta della sessualità (il corpo viene indagato, ma l'occhio è sempre distante) e l'aliena non impara ad amare gli umani. Viene toccata per la prima volta da sensazioni estranee che scavano dentro di lei, ma l'umanità in senso lato, dello spirito e della pietas, rimarrà solo un miraggio anche in vista del tragico (e, quello sì, magnifico, ancor più del film stesso) finale.
Glazer, detto "il dritto", spiega come lui vede noi: piccoli, banali, noiosi, insignificanti, eppure in grado di scavare dentro proprio in virtù delle nostre ininfluenze.
Quindi ecco che la fine e la rivelazione avverrà nella più brutale delle maniere, regalandoci una sequenza ancora oggi di sublime bellezza che da sola si mangia qualunque difetto macroscopico che la pellicola si porta dietro fin dal suo inizio.
Ma i difetti, ripeto, rimangono.
Sia nella lentezza gratuita ed esasperata, giacché qui non serve a raccontare nulla che il primo tranello già non palesi, che nella ripetitività dello schema, alla lunga davvero sfiancante nonostante la bellezza suprema che ci regala. Però, tutta l'impotenza, il pessimismo e la curiose assuefazione che si porta dietro, sono sensazioni che solo il grande cinema, che esiste al di là del risultato finale, riesce a regalare.
E Scarlett gioca col suo corpo in una maniera che poche altre sono riuscite a replicare, rendendolo veicolo ma anche spugna del mondo nuovo in cui si trova.
Ad ogni modo, ho un'altra ipotesi...
Gli umani attirati nella trappola e che camminano stolidi e storditi nell'acqua nera siamo noi spettatori, che solo per vedere la Johansson nuda ci siamo sorbiti quasi due ore di un film che all'epoca non potevamo comprendere, finendo nella trappola di Glazer.
Non ho apprezzato questo film all'epoca, e penso che non lo vedrò una seconda volta, mi ha annoiata a morte.
RispondiEliminaIl ritmo effettivamente non è dei più adrenalinici 😅😅
EliminaPur non avendolo visto sei sempre molto bravo nell'andare in profondità e anche qui rivedo molto dello stile del suo film appena uscito. Sei stato pungente con alcune affermazioni che io in qualche modo ho fatto vedendo La Zona d'interesse, che dire, se mi capiterà lo guarderò senz'altro per non essere prevenuta ma ci sono registi più 'strambi' che mi sono arrivati immediatamente soprattutto perché li sento sinceri e genuini. Con altri faccio più fatica.
RispondiEliminaImmagino che a breve parlerai del suo ultimo, attendiamo.
Buone Feste!
Ma grazie 🥰 ti dirò, "La zona d'interesse" l'ho trovato quasi speculare a questo, ma mooooolto più centrato in quello che vuole dire.
EliminaImmagini bene, devo solo trovare il coraggio, perché di cose da dire ce ne sono tantissime.
Buone feste anche a te 🍻🥳
Ora, non è che se un regista gira un capolavoro (quale è La zona d'interesse) bisogna per forza rivalutare tutto quello che ha fatto prima... :) per me questo era e continua ad essere una cagata, perlopiù di una noia mortale. Ricordo benissimo le risate generali dell'intera sala alla "prima" veneziana sulla celebre scena "scult" (non te la sto nemmeno a ricordare). Sperimentale sì, sicuramente, riuscito proprio no. Invece, per dire, il film precedente di Glazer (Io sono Sean) non mi era dispiaciuto. Giusto per dire che non tutti sono Kubrick, uno che non sbagliava mai un film...
RispondiEliminaMa infatti non nego possa appesantire la palpebra come pochi 🤣 però a distanza di tempo i pregi li ricordavo più dei difetti, e rivederlo le sue qualità le ho sentite più del resto.
EliminaDovrei riguardalo, perché all'epoca non mi era piaciuto per nulla. Il vuoto pneumatico in una confezione perfetta.
RispondiEliminaLa tua recensione la ricordo ancora oggi 🤣 diciamo che tra contenuto e forme... ehm... forma c'è una strana discrepanza...
EliminaA me non mi ha mai convinto, e difficilmente potrei rivedere per rivalutare.
RispondiEliminaIo ho fatto una media. Ha degli alti altissimi e dei bassi abissali... Ma a distanza di anni lo ricordavo e serbavo più memoria dei primi che dei secondi, ergo... 😅😅
EliminaA monte dei difetti, che sono evidenti e imparziali. Resta una pellicola strana e stramba, ma allo stesso affascinante per l'approccio con la quale si mette in mostra. Scarlett ci ha messo tutta se stessa, un rischio ma che secondo me è valso la candela. Glazer tra music e immagini ti proietta in mondi al di fuori del classico immaginario filmico stabilito dai canoni Hollywoodiani.
RispondiEliminaSì, film a suo modo unico, sia per i pregi che per i demeriti.
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