THE WATCHERS - LORO TI GUARDANO, di Ishana Night Shyamalan

La giovane (io e Dakota Fanning abbiamo più o meno la stessa età, quindi è giovane) Lucy lavora in un negozio di animali ed è segnata da un profondo trauma. Un giorno deve fare un lungo tragitto in macchina per portare un pappagallo in uno zoo, ma andrà panne nel cuore di un bosco dove delle entità...

Se il cognome di questa Ishana non vi è nuovo, e sono certo sarà la prima cosa che avrete notato, mascherine, posso confermarvi che non si tratta di semplice omonimia. La ragazza infatti porta metà dei geni dell'autore de Il sesto senso e The village - quest'ultimo poi festeggia proprio in tal periodo vent'anni di colpevolissima, continua e immeritata sottovalutazione.

Non pensate subito male, però. Lei si è fatta le ossa come una qualunque di noi dirigendo un paio di episodi di una (bellissima e mai nominata) serie come The servant...

... ah, già, creata dal padre.

Tra l'altro, i "figli di" ultimamente stanno spopolando a Hollywood. Basti pensare che solo Cronenberg in tempi pressoché prossimi ha piazzato due eredi sul mercato e in ogni film o serie che mi ritrovo a guardare c'è qualcuno che come minimo ha una parentela con qualcun altro, tipo i figli di Kurt Russel o Daniel Quaid.

Quella dei figli d'arte è materia complessa, perché se è vera l'antipatia implicita e preposta nella dorata sorte, va anche detto che non è colpa loro se sono nati nella famiglia fortunata. Tra l'altro, Shallallero sr avrà sicuramente aiutato con le giuste conoscenze, perché non tutti a ventitré anni possono permettersi una delle Fanning nel cast o fotografi e montatori assodati come questi, ma la capacità di creare certe immagini la vorrei vedere dopo che sei cresciuta in una famiglia dove si parla di cinema tutto il giorno è innata e nessuna raccomandazione te la può regalare. 

Poi qui ci sarà sicuramente una mia visione patriarcale dettata dal privilegio.

Fatto sta, il film lo volevo vedere comunque ed ero curioso di come il gene Shallallero potesse evolvere. Perché sicuramente avere i giusti indirizzi paterni può permettere anche l'evoluzione di una personale poetica e del modo di guardare il mondo, tutte cose che in qualsiasi arte danno vero senso di esistere a un'opera e, alla fine della fiera, l'unica cosa di cui si dovrebbe veramente discutere quando si parla di un film, un libro, un fumetto e via dicendo.

Cosa dire quindi di questo The watcher, oltre che non conoscevo per nulla il libro da cui è tratto?

Che da ragazzino lo avrei adorato. 

Lo dico seriamente, e per me una simile affermazione ha da intendersi come un pregio.

Nella sua semplicità, The watchers ti cattura subito. 

Un bosco, un mistero, una protagonista pena di scalogna e questa situazione non ben chiara che ingabbia tutti secondo delle regole assurde. Assodato che una bella trema si crea mescolando questi elementi all'infinito, è come si racconta qualcosa che dà valore a una bella narrazione, e qui va detto che Shallallera sa come raccontartela.

Certo, è circondata dai professionisti contattati dal papi, ma a poco più di vent'anni ha saputo mettere sullo schermo delle sequenze davvero belle nella loro semplicità. Tutte le visioni doppie allo specchio, i giochi prospettici con la profondità della foresta e l'atmosfera che permea tutta la prima parte, così come i colori per ogni ambientazione, confezionano un film che, finché può, funziona alla grande per quello che deve fare.

Ovviamente nulla in grado di scombinarmi ora che sono un visionatore navigato, ma ad averlo visto nello stesso periodo in cui scoprii suo padre, ne sarei rimasto incantato. E trovare qualcosa che sappia riportarti alla tua dimensione bambina è sempre qualcosa di positivo.

Il problema è quando arrivano le risposte.

Quante pellicole il padre ha rovinato a forza di spiegoni o perché forse non riponeva abbastanza fiducia nell'intelligenza del proprio pubblico? Ecco, qui la versione sotto steroidi. Non so quanto incolpare il romanzo di partenza, anche se da una parte mi piacerebbe sapere le dinamiche che hanno portato Ishana a volerlo adattare, ma quando costruisci un mistero e soprattutto, quando lo architetti così bene, il momento in cui si porta a sviscerarlo nella stragrande maggioranza dei casi risulterà deludente.  

Perché?

Perché raramente troppo hype viene compensato nella semplice architettura narrativa e, se si punta su quella, deve essere a prova di proiettile (emotivo).

Spoiler: qui non lo è.

Anzi, tutti i giochi compositivi con l'immagine rimangono mera forma, non evolvono in un discorso più complesso sul guardare - o il restare a guardare, e qui mi fermo.

Viene ricordato una tantum che la protagonista ha un problema che la tormenta, problema che verso la fine diventerà fondamentale per scamparla. A quel punto ci è chiaro da un pezzo che il film non è thriller, né horror, ma sfocia nel folkloristico. E per quanto il mistero e l'orrore la facciano da padroni nelle fiabe insite nella cultura di ogni popolo, è palese che Ishana non riesce a gestire la competenza e nemmeno tutta l'epifania che ne dovrebbe derivare, risolta con spiegoni, dialoghi, effettini ed effettacci vari che mi hanno fatto pensare ai fantasy della domenica pomeriggio di Italia 1.

Ci sarebbe voluta la sensibilità di Del Toro, forse, ma la realtà è che io volevo quella di Ishana. La quale ha ancora diverse bistecche da mangiare per sviluppare una poetica propria e una narrazione che non bruci quanto rosolato così bene all'inizio. 

Ma voglio darle fiducia. 

Coi suoi alti e bassi, ha dimostrato di essere in grado, deve solo ricordarsi di conservare le forze per la fine. 

Play it again, Shallallera.






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