EXHUMA: LA TOMBA DEL DIAVOLO, di Jang Jae-hyun
Il primo è che funziona alla grande. E quando una pellicola ha tutti gli elementi al posto giusto, parlarne o scriverne diventa molto complicato. Perché? Perché si riduce tutto ad appuntare una serie di fattori felici, diventando così un esercizio sterile e ridondante. Fateci caso, le recensioni più lunghe e ispirate sono sempre le stroncature, e un motivo dovrà pur esserci, oltre al fatto che i critici sono dei rancorosi bastardi con la bava alla bocca.
Il secondo, quello che si porta via la fetta più grande della torta, è che questo film resta così ancorato alle tradizioni folkloristiche del proprio paese d'origine da diventare qualcosa di alieno per tutti gli altri spettatori. Durante la visione vi capiterà di non rendervi conto del tempo che passa, tanto è ben diretto e ritmato, ma vi lascerà al contempo la sensazione di esservi persi dei pezzi per strada. La realtà è che solo chi è ben ferrato della cultura spiritica coreana (quindi non io) potrà seguire tutto con attenzione, agli altri invece resterà un filo di dubbio. Personalmente, per quanto mi sia piaciuto, ho avuto in più punti l'impressione che tutto non tornasse, e allo stesso tempo la prontezza di cogliere il gap culturale.
Il tutto senza togliere all'insieme nemmeno un grammo della sua ottima fattura.
Perché 쇼는 계속되어야 해 e qui lo spettacolo è di una realizzazione tanto buona da surclassare la nostra legittima ignoranza occidentale.
Se proprio dovessi fare dei paragoni, per quanto azzardati, direi che questo film è la versione orientale di The conjuring, solo senza un regista anonimo come James Wan dietro la macchina da presa - oh, a me tutti i suoi film hanno fatto calare la palpebra, coniugi Warren sopra tutti, statece. Le dinamiche sono grossomodo le stesse, indagine su un caso che ha a che fare con l'occulto e poi il bordello che il potere malefico comporta, con tanto di Scooby-gang all'opera, ognuno col suo spazio e la sua caratteristica.
Certo, dai personaggi non c'è da aspettarsi moltissimo. Sono troppi per la storia che vogliono raccontare (senza fare troppi spoiler... del fighetto tatuato importava effettivamente a qualcuno?) e quel poco che ci viene concesso è quanto di più abbozzato possa esserci, ma si tratta di stereotipi funzionali che fanno il loro lavoro senza troppo storie o giri di parole.
Inoltre, abbiamo Choi Min-sik, uno in grado di bucare lo schermo con e senza panza.
Oh, pure in Lucy di Besson faceva tutto da sé.
E in carriera non possono capitarti sempre robe come Oldboy e I saw the devil, quindi il Favino coreano si immola in un personaggio granitico, totalizzante e sempre sul pezzo demoniaco. Tanto, a lui basta una camminata per imprimere la sua presenza su celluloide, quindi il ruolo da boss è perfettamente riuscito.
Riuscito come il film, per tagliare corto.
Jang Jae-hyun non ha mai avuto velleità artistiche, il suo è un cinema di cassetta che raramente ha fallito e con questo titolo ha battuto perfino il Dune - parte 2 di Villeneuve al botteghino. Anzi, funziona addirittura meglio del kolossal dell'omonimo del formulaunoista... anche agli occhi di un occidentale, sì, nonostante quello slalom tra culture che ne rende alcuni passaggi abbastanza difficoltosi agli spettatori dagli occhi non mandorlati.
Partendo dal presupposto che non doveva trasferire la costruzione di un mondo volgendolo dalla carta alla pellicola, quanto piuttosto volgere su basi già preesistenti e già conosciute dal pubblico di riferimento, il film di Jae-hyun non si perde in dettagli inutili, non ammorba con situazioni da fattone wannabe un tanto ar chilo e procede per la propria strada.
C'è un lavoro di montaggio che passa quasi inosservato tanto è sottile e ben fatto, così come la cura della fotografia nel far risaltare tutte le sfumature della luce in situazioni che si svolgono al buio (e pure di giorno non è che ci sia sto gran fulgore) senza contare che il passaggio dagli USA alla natìa terra è anche lì curato benissimo a livello di colori.
Quindi sì, un cinema di largo consumo che non vuole fare particolari analisi o si fa portavoce di messaggi importanti, ma che offre un sano intrattenimento, però realizzato benissimo e con un rispetto verso lo spettatore non indifferente.
Bisogna appuntare però che forse il vero e proprio calo, per quanto minimo, lo si ha quando la forza malefica si sprigiona in tutta la propria potenza verso la fine, mentre la parte inerente alle indagini risultava molto più accattivante e ganza, pur senza effetti speciali a farla da padroni.
Tutto un lavoro basato sulla regia, gli attori e le dinamiche tra i personaggi a tener banco, in barba al mostrone finale che ho trovato piuttosto grezzotto. E quegli esorcismi, così come tutte le tradizioni annesse, avevano un tale fascino che lo sforzo cinematografico necessario per farli risaltare è risultato minimo.
Mi viene da pensare a una sequenza simile in The wailing di Na Hong-jin, a proposito di esorcismi, e a come la cinematografia orientale si sia benedetta di questi momenti ai limiti del lisergico, già estremamente onirici di loro, così come onirica è ogni tradizione spiritica - senza contare una gestione dei limiti concessi ben superiore alla nostra.
Così il seppellimento al confine delle due Coree appare piuttosto sibillino...
Da noi è arrivato doppiato a noleggio su Prime, nel resto del mondo invece se l'è accaparrato Shudder. In un modo o nell'altro, se volete una serata di sani brividi ed emozioni oscure, una visione sicuramente la merita e, nella maniera meno democristiana possibile, accontenterà tutti.
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