SHELBY OAKS - IL COVO DEL MALE, di Chris Stuckmann
Questa massima è comunemente attribuita a Brendan Behan, drammaturgo e scrittore irlandese (pure membro attivo dell'IRA) anche se non è possibile risalire a un evento o un momento preciso in cui la disse. Fa pendant con il fare dissacrante e arguto del tizio, drinker with writing problems, caratteristica che ha reso difficile appurare ufficialmente molte sue massime insieme a diverse dialisi, ed è sicuramente quanto meno istrionicamente abbiamo pensato tutti di fronte alle iperboli linguistiche dell'Anton Ego di turno, al netto di quanto la critica sia una nobile arte che su questo blog viene ogni volta vandalizzata.
Infatti è da quel mondo che viene Chris Stuckmann, divenuto celebre per un canale YouTube aperto nell'anteguerra dell'etere, autore di diversi video dove con un linguaggio accessibile ma dettagliato ha recensito e analizzato migliaia di pellicole, divenendo nel tempo una delle voci cinefile più apprezzate della rete. Forte di questo suo successo mediatico, dopo la realizzazione di diversi corti amatoriali decise di passare professionalmente dietro la macchina da presa. La sua fama virtuale ha aiutato nella campagna Kickstarter per ottenere i finanziamenti, attirando le attenzioni di Mike Flanagan, che aveva iniziato in maniera similare la sua carriera con Absentia - tra l'altro, Stuckmann è stato un grande fan di Oculus.
La parte più ghiotta del tutto però è che la passione di Stuckmann nasce come un segno di rivolta verso la comunità dei Testimoni di Geova in cui è cresciuto. I suoi genitori si convertirono nei tardi anni Settanta, facendo crescere i figli sotto i dogmi della dottrina, che prevedevano diverse restrizioni mondane e relazionali - inizialmente vollero ostracizzare la sua passione artistica e gli imposero addirittura di chiudere il canale. Questo portò a una frattura irreparabile, tanto che venne addirittura allontanato dalla comunità visto il persistere delle sue passioni.
Prevedibilmente, Stuckmann ricorda quel periodo come castrante a causa delle pressioni della comunità religiosa, tanto da influire negativamente pure sulla scoperta della propria identità sessuale, permettendogli di riconoscersi come pansessuale solo in età adulta. Per lui guardare film era un modo di evadere da quella realtà opprimente, tanto da spingerlo a voler essere parte attiva della settima arte. Da qui, il desiderio di diventare regista, non "solo" critico.
Premesse lunghe e dettagliate che però servono per inquadrare questo Shelby Oaks (noi italiani brava gente abbiamo dovuto attaccarci il solito, ridondante sottotitolo) nella sua totalità, per riconoscere quanto Stuckmann ha voluto metterci dentro di suo a tutto tondo: parte come mockumentary utilizzando proprio il mondo di YouTube, si evolve come rassegna cinefila di tutto quello che riguarda uno dei nostri generi preferiti e... beh, il resto potete immaginarlo, ma non mi dilungo per i più tardoni. Ironicamente, è proprio la faccenda più personale che funziona meno e che toglie potenza a un film che ha tutto al posto giusto, come un abito su misura che però, stranamente, non valorizza affatto il fisico del modello.
Tutto ciò mi ricorda lo scrittore Brian Evenson, autore del capolavoro Gli ultimi giorni, che della sua giovinezza passata come fedele della chiesa mormone ha tratto invece il (per me) deludente Il signore della menzogna. Processo analogo, dato che si parla sempre di horror che nell'aspetto religioso trova anziché motivo di angoscia proprio qualcosa che impedisce di andare oltre, di creare il vero spavento e, per assurdo, un limite della voce e di quello che può essere la vera narrazione.
Il che è ironico, perché si vede che Stuckmann ha fatto bene i compiti, consce il genere e, soprattutto, il cinema con le sue tecniche. Già solo il prologo a mo' di finto documentario ha un ritmo che levati, senza risultare irritante o forzato, ma dando un background solido sui cui far muovere la vicenda. È tutto il resto che non regge sulla lunga distanza, apparendo sulla fine pure abbastanza semplicistico, prevedibile (non che le cose possano essere per forza collegate, sottolineo) e, spiace dirlo, pure ridicolo, specie dopo delle prove di tensione così belle come quelle che le hanno precedute, che con poco, a cominciare dalla gestione della scenografia o dalla direzione degli attori o delle semplici inquadrature, usavano il minimo concesso per inquietare e trasmettere il vero orrore.
Occhi vampirici presi in prestito da Midnight mass, titoli di testa al rallenty di congelante bellezza, il compendio degli anni Novanta tutto spiattellato a schermo per portare a una vera e propria satanic panic... insomma, ogni elemento necessario è presente e servito con un bel chianti. Tutto funziona così bene, per assurdo, da dimenticarsi di andare a scavare proprio in quelle incrinature che rendono veramente umana la vicenda.
Lo avevamo già visto in Weapons o Longlegs che il soprannaturale ha sicuramente il suo fascino, ma può anche banalizzare la trama intessuta dai suoi fili a un "Tutto qui?" proprio per come consegna risposte nette e specifiche, mentre il vero orrore, quello più profondo e assoluto, si nasconde in quelle pieghe dell'animo umano che ci toccano da vicino.
Stuckmann ci offre con uno stile invidiabile il suo mondo, la sua provenienza in senso lato, sia essa quella artistica o effettiva, ma la questione umana che dovrebbe trascinare il suo film, l'annullamento totale per una ricerca che ha condizionato quasi due decadi di una vita, rimane troppo in secondo piano rispetto a una ricerca che offre una risoluzione da B-movie. E una che vola verso la fine non ce la meritavamo, Chris, anche no. Saint Maud rischiava di caracollare per molto meno...
Film che in realtà nel tragitto mi è piaciuto molto, più di quanto io non voglia ammettere, e che in parte mi ha fatto scoprire anche un po' dei fantasmi quelli reali, del suo creatore. Ma non c'è stato l'amore che avrei voluto, quello no.
Comunque, Stuckmann dopo questo film ha smesso con le recensioni nel senso classico del termine, rifiutandosi di fare stroncature per rispetto dei realizzatori.










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