TRAIN TO BUSAN, di Yeon Sang-ho

Seok-woo è un agente di borsa che non trova mai il tempo per stare dietro alla figlioletta Soo-an. Proprio quando la accompagna a trovare la madre a Busan, un virus ignoto che trasforma le persone in zombi scatena il panico in Corea del Sud e... 

Che il cinema coreano sia il top del top è la frase simbolo di qualunque cinefilo internettiano, tanto da essere diventata un meme a sé sui siti appositi.  Però quella coreana è per davvero una delle scuole di cinema più vitali e variegate al mondo e titoli come questo ne sono la conferma più assoluta, perché la vera maestria la si vede proprio quando non si vuole fare gli elitari pippaioli ma proprio nel momento in cui cerchi di allargare il tuo bacino d'utenza, specie quando non vuoi fare l'artista impegnato a tutti i costi ma punti anche al semplice intrattenimento - cosa che, se fatta veramente bene, non è semplice affatto.

Questo film fa parte proprio di questa categoria.

Si tratta dell'esordio alla regia di un film live action di Yeon Sang-ho, che dopo i lungometraggi animati The kings of pigs e The fake cambia totalmente stile non solo nella tecnica, ma proprio nel rapporto col media stesso - ironia della cosa, proprio dopo aver spadroneggiato al Festival del Cinema di Busan con quei due titoli, da noi ancora inediti.

Busanhaeng non è diverso dai titoli precedenti solo perché si tratta di un live action, ma proprio per il tono, la tecnica utilizzata per trasmettere quello che vuole e la vastità di temi che vuole affrontare, per i quali l'horror è solo un pretesto escatologico e, diciamolo pure, arraffa-pubblico.

Dopo gli anni Ottanta la zombi-mania non è più riesplosa come allora. Ci sono stati al massimo dei ritorni significativi, ancorati però al singolo, mai a qualcosa che dilagasse come fecero i vampiri all'epoca di Twilight, per dire. Ed è così che Yeon Sang-ho ha la brillante idea di battere il ferro quando è caldo, circoscrivendo il tutto in un contesto controllabile e che non dilaghi troppo, dando così ritmo alla propria pellicola e costruendo un piccolo percorso di crescita umano, scandito dalle fermate del treno e dei suoi vagoni.

Perché non sono tanto gli zombi, come già detto. 

Di quelli, ironicamente, importa 'na sega. 

A mettere d'accordo tutti su questo film è proprio la capacità di dosare tutto quanto, non facendo mancare nulla al film e dando ad ogni singolo elemento il giusto equilibrio, anche nel registro dei toni e passando dalla tensione, alla commedia, fino al sentimento di pancia.

Abbiamo lo splatter - e grazie al cazzo, so zombi - con relativi sbudellamenti che lasciano soddisfatti gli stomaci più navigati. Aggiungiamo anche dei personaggi forse leggermente monodimensionali, ma ognuno ascrivibile alla propria funzione, che partono da A, per passare da B e arrivare a C in tutta la loro coerenza. Non mancano i momenti seriosi, perché con la tensione sono giocoforza necessari, ma neppure le parti più ironiche, anche quelle dosate alla perfezione in modo che non rovinino nulla ma sappiano alleggerire quando serve una visione già frenetica di suo, che con le tappe obbligate del treno ha già un ritmo estremamente serrato.

Non manca nemmeno una piccola frecciatina alla suddivisione in classi a un certo punto, rifacendosi alla prima classe del treno e ai comfort che si devono avere.

Ma alla fine, togliendo tutti gli orpelli, rimane la storia di un padre assente che deve fare l'impossibile per salvare sua figlia e riconquistare la sua fiducia dopo che una vita dedita al lavoro non gli ha dato il tempo di prestare attenzione alle cose veramente importanti. Ed è anche qui l'idea azzeccata di trasmettere tutto questo tramite uno zombi-movie, perché tra il diventare mostri e il restare umano ci sono più di un collegamento, anche alla luce dell'evoluzione del protagonista. 

E una scena finale che chiude perfettamente il cerchio con quanto mostrato all'inizio.

Lo zombi quindi è quasi spoglio del suo alone politico, se ne sposa la versione accelerata degli Anni Zero per parlare di sopravvivenza, unità, crescita interiore e, come tutti i film, di amore versp il prossimo. Di un padre verso la figlia, soprattutto, e di tutto l'amore che riesce a dimostrarle nella più tragica delle situazioni.

Yeon Sang-ho ha mano ferma e sa quanto mostrare o meno, lascia trasparire il suo passato di animatore senza però che la cosa cada nel cattivo gusto, ma nello slapstick. E annuncia di aver trovato una poltrona comoda, perché in questo mondo ha deciso di ambientare i suoi prossimi film. 

Non per nulla, ad ampliare l'universo di questo titolo abbiamo già Seoul station e Peninsula.

col primo ci andò discretamente di lusso, col secondo, invece...






Commenti

  1. I film di zombie non stancano mai quando sono ben curati così, il suo seguito ufficiale non ha la stessa forza, questo mi era piaciuto molto. Almeno si corre per prendere il treno per una ragione più che valida, non solo quella di restare a terra ;-) Cheers

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    1. Per me si è adagiato sugli allori nell'espandere l'universo. Funziona ottimamente come stand alone...

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  2. Smettila di recensire questi film coi finali che mi fanno piancere, per favore.

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  3. Beh sì, emozionarsi con uno zombie movie non è da tutti, bel film davvero ;)

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    1. Dai coreani c'è da aspettarsi di tutto, d'altronde 🤓

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  4. Anche io mi sono emozionata tantissimo con il finale! Il sequel non sono ancora riuscita a vederlo, ma temo anche io di rimanerne delusa...

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    1. Il prequel non è male, ha orchestrato bene una cosa sul finale 🤫 "Peninsula" dal trailer mi sa molto videogame, ma spero di ricredermi...

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