TRAIN TO BUSAN, di Yeon Sang-ho
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Questo film fa parte proprio di questa categoria.
Si tratta del terzo film di Yeon Sang-ho, che dopo i lungometraggi animati The kings of pigs e The fake (il primo un dramma sul bullismo, il secondo una thriller condito di fanatismo religioso) passa al live action... ironicamente, proprio dopo aver spadroneggiato al Festival del Cinema di Busan con quei primi lavori. Due vere mazzate emotive.
I toni cambiano, si lascia molta più concessione all'ironia dopo una prima parte di carriera dove ha boxato coi denti degli spettatori e lancia definitivamente il nome del suo autore nell'Olimpo di quelli che contano, dato che il suo nuovo lavoro viene salutato dappertutto come un filmone, incassando in maniera vergognosa e ricevendo pure gli elogi pure di quei cravattoni a Cannes.
Perché sì, Train to Busan ha la capacità di piacere praticamente a chiunque grazie a una formula che non riuscirà più nemmeno al proprio autore. E nella sua leggerezza ed accessibilità sciorina una serie di temi che nulla hanno da invidiare a pellicole molto più blasonate.
Il risultato però non era affatto scontato, anche perché per quanto il cinema coreano non si sia mai lesinato sull'orrore, è stato maggiormente legato al terrore spiritico (pensiamo a film come Two sisters o Red shoes) condizionato dalla tipica sensibilità orientale.
Inoltre, dopo gli anni Ottanta e la steroidata a cui Romero contribuì controvoglia, la zombi-mania non è più riesplosa. Gli unici ritorni erano ancorati al singolo, mai a qualcosa che dilagasse come fecero i vampiri all'epoca di Twilight. Giusto The walking dead ha riacceso una qualche attenzione verso i non-morti, ma si è trattato di un evento circoscritto a sé. Yeon Sang-ho parte con un discorso autonomo, anzi, ha la brillante idea di circoscrivere il tutto in un contesto controllabile che non dilaghi troppo, differenziando notevolmente il proprio lavoro e costruendo un piccolo percorso di crescita umano scandito dalle fermate del treno e dei suoi vagoni.
Perché non sono tanto gli zombi, va sottolineato. Ironicamente di quelli importa 'na sega.
A mettere d'accordo tutti su questo film è proprio la capacità del suo autore di frullare tra loro una serie di elementi apparentemente antitetici, spaziando in diversi registri e dando ad ognuno di essi la giusta attenzione, passando così in totale scioltezza dalla tensione, alla commedia, fino al sentimento di pancia.
Ci si emoziona, si ride e, soprattutto, si prova la giusta empatia per dei personaggi forse un po' troppo monolitici in alcuni punti, ma che durante le varie fermate riescono ad avere una loro precisa e solida evoluzione, arricchendo quel tragitto col giusto dramma per condire il sangue versato con le giuste spezie narrative.
E a proposito di sangue... preparatevi anche a una bella dose di splatter vecchia scuola come si deve.
Non manca nemmeno una piccola frecciatina sociale, rifacendosi alla prima classe del treno e ai comfort che si devono avere, segno che Yeon è uno di noi!
Ma alla fine, togliendo tutti gli orpelli, rimane la storia di un padre assente che deve fare l'impossibile per salvare sua figlia e riconquistarne la fiducia dopo che una vita dedita al lavoro non gli ha permesso di prestare attenzione alle cose veramente importanti. E trasmettere tutto questo durante un'epidemia zombie diventa l'ennesimo colpo di genio di un film ricco di idee giuste e gagliarde, perché tra il diventare mostri e il restare umani c'è più di un collegamento, anche alla luce della maturazione del protagonista.
E una scena finale che chiude perfettamente il cerchio con quanto mostrato all'inizio.
Spogliato del suo alone politico, lo zombie sposa la propria versione accelerata degli Anni Zero per parlare di sopravvivenza, unità, crescita interiore e, come tutti i film che contano, di amore per la vita e per il prossimo. Di un padre verso la figlia, soprattutto, e di come riesca a dimostrarglielo nella più tragica delle situazioni.
Vi assicuro che quel saluto finale non lo dimenticherete più.
Un successo a dir poco meritatissimo, nel quale Yeon Sang-ho ha trovato un posto comodissimo dal quale non era minimamente intenzionato a staccarsi. Non per nulla, ad ampliare l'universo di questo titolo abbiamo già il prequel Seoul station e il seguito ufficiale Peninsula.
Col primo ci andò discretamente di lusso, col secondo, invece...
Per me si è adagiato sugli allori nell'espandere l'universo. Funziona ottimamente come stand alone...
RispondiEliminaSmettila di recensire questi film coi finali che mi fanno piancere, per favore.
RispondiEliminaÈ uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo ~
EliminaBeh sì, emozionarsi con uno zombie movie non è da tutti, bel film davvero ;)
RispondiEliminaDai coreani c'è da aspettarsi di tutto, d'altronde 🤓
EliminaAnche io mi sono emozionata tantissimo con il finale! Il sequel non sono ancora riuscita a vederlo, ma temo anche io di rimanerne delusa...
RispondiEliminaIl prequel non è male, ha orchestrato bene una cosa sul finale 🤫 "Peninsula" dal trailer mi sa molto videogame, ma spero di ricredermi...
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