MANK, di David Fincher
Nonostante il suo ruolo di autore di culto, questo progetto era stato messo in naftalina da oltre trent'anni, perché nessuno studio voleva sborsare verdoni per un film simile così come lo voleva fare il regista. Jack Fincher spirò nel 2005, e si dovette attendere Netflix perché il progetto potesse vedere la luce nella maniera un cui Fincher jr lo aveva immaginato. Questo, sempre per collegarci al discorso che se un film simile può essere disponibile fin da subito per tutti, le tanto maledette piattaforme non sono proprio un male - e in questo 2020, in caso, diventano un male necessario.
Necessario anche perché, nonostante il ruolo teen-oriented che casa Netflix ha il più delle volte, un'operazione di questo tipo va a mettersi proprio accanto a esperimenti come I'm thinking of ending things, quel tipo di cinema espressamente cinefilo e che può abbracciare un pubblico che inizialmente veniva ignorato.
Perché Mank è un film espressamente cinefilo, che si collega al discorso dell'arte che parla dell'arte. In questo caso, la realizzazione di quello che ancora oggi è considerato il film più bello del mondo.
Bollare però la fatica di Fincher come mero biopic sarebbe inesatto, perché... beh, è tutto falso.
La particolarità del film sta propri in questo, nel mischiare le carte temporali - Nolan, a cuccia! - mettendo fatti reali insieme ad altri puramente inventati, creando un gioco di scatole cinesi che mostra la doppia faccia del cinema stesso, non solo di coloro che vi operano nascosti, rivendicando il ruolo di tutti quei nomi che sono sempre stati messi in ombra.
Mankiewicz fu sicuramente un uomo complesso e particolare, fin troppo geniale per il proprio tempo e spesso osteggiato anche per le proprie visioni, tantoché per ripicca alcuni produttori lo misero a lavorare a un film di Rin Tin Tin. Il film non ne fa una celebrazione e nemmeno cerca di vedere l'uomo dietro l'artista. Mette un po' tutte queste cose insieme creando un paradosso, un film che mente spudoratamente al proprio pubblico (basta un gito veloce sui Wikipedia per vedere dove e in cosa) e alla realtà stessa, mostrando quale che sia la vera magia dell'arte, ovvero quella di creare un mondo proprio e di costruire una propria stessa realtà - la scena delle elezioni truccate per esempio è lapalissiana su questo.
Per il resto, brucia la Hollywood che fu, piena di uomini che non hanno dovuto subire troppo la crisi del '29 e così abituati al loro olimpo da non sapere nemmeno chi sia quel baffuto Hitler che sta facendo parlare di sé, ma al contempo elogia il frutto di ciò che ha prodotto. Perché è da lì che è uscito Citizen Kane, e sempre da lì usciranno i capolavori del futuro.
Un film strano che gioca in un campionato a sé stante. A tratti magnifico e a tratti estremamente confusionario, con quell'idea della scansione temporale a mo' di sceneggiatura che appare più come un trucchetto simpatico che come qualcosa che possa decostruire il discorso, ma scuramente ipnotico nella sua verbosità e nell'atmosfera da sogno/incubo che riesce a ricreare. Imperfetto quanto volete, così come fu imperfetto F for fake sempre di Welles, ma che racconta come solo il cinema può raccontare di sé stesso.
E Gary Oldman (a sessantadue anni ne interpreta uno che ne ha venti di meno, senza sfigurare minimamente) che spadroneggia su tutti come solo lui sa fare. Solo questo basta a renderlo meritevole di una visione.
La struttura a continui sbalzi temporali è un chiaro omaggio a Quarto Potere: sono assolutamente d'accordo con te, è un film giocato tutto sul falso, sull'illusione, proprio come lo era il film di Welles.
RispondiEliminaAnche il paragone con Nolan è tutt'altro che campato per aria, nel senso che entrambi sono "confusionari", complessi. Il risultato finale però è completamente opposto: se "Tenet" annienta lo spettatore, spossandolo, "Mank" al contrario stimola la riflessione, invoglia ad approfondire, a saperne fi più. Molti miei contatti mi hanno scritto che dopo aver visto "Mank" si sono rivisti o rivedranno "Quarto Potere". E scusate se è poco! ;)
Non è poco per nulla 🤓 però gli "sbalzi" personalmente non li ho trovati gestiti con la giusta efficacia, alla lunga per me portano parecchia confusione - e il primo dà una sotto lettura non del tutto sfruttata.
EliminaL'ho trovato troppo chiuso su sé stesso. Ho capito metà dei dialoghi forse. Me lo sono goduto, ma non posso dire che mi sia piaciuto. Hollywood parla di Hollywood. E lo fa per gli addetti ai lavori di Hollywood. Mi pare un controsenso.
RispondiEliminaCi ho trovato del bello anche in quel controsenso, a suo modo. E i dialoghi non mi sono sembrati così incomprensibili 😕
EliminaAssolutamente no, ma io quando si parlava di elezioni ho dovuto mettere in pausa e googlare. Non ho capito cosa ci fosse in ballo. E odio interrompere un film. Mi è piaciuto, ma non è stato amore. Lo paragonano a Viale del tramonto e insomma...
EliminaVabbè, i paragoni si sa, lasciano il tempo che trovano. Parola di uno che viene paragonato a Gyllenhaal 😂😜
EliminaChiusa bellissima, festeggiato ;)
RispondiEliminaNon l'ho ancora visto ma sono sicura che lo amerò. Però concordo alla grande sul discorso di Netflix, cioè è vero che ci propina un sacco di merda a valanghe, ma è anche vero che in mezzo a tutta quella merda se poi escono robe tipo questa o Sto pensando di finirla qui o The Irishman, ma ci sono anche molti altri esempi, allora ben venga.
RispondiEliminaChe poi è lo stesso che succedeva in un normale cinema...
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