PLEASURE, di Ninja Thyberg

La diciannovenne Linnèa sbarca in America con un sogno: sfondare (pessimo uso di parole...) nel mondo del porno. Col nome d'arte di Bella Cherry, scoprirà che quello dell'hard è un sistema decisamente...

Di questo 2022 ricorderò sicuramente le visioni di The sadness e questo, non solo perché si tratta di due delle pellicole più sovrastimate degli ultimi tempi - roba che Guadagnino con Elio e le storie estive fa il palo - ma per i nomi dei registi. Se l'americano in trasferta indonesiana sembrava uscito da Guerre Stellari, questa si chiama... 

... Ninja.

E no, non è un nome d'arte, si chiama davvero così.

La nostra per il suo esordio ufficiale dietro la macchina da presa si ispira al proprio corto omonimo targato 2018 per trasformarlo in un film di lunghezza canonica. Non è un'operazione semplice come sembra, ma provate voi a parlare di lunghezze in un film sulla pornografia senza fare doppisensi, poi potrete commentare su cosa sia veramente difficile nella vita...

Limitiamoci a dire che l'idea ha fruttato bene, perché il film non solo è passato per il Sundance e infine Cannes, ma è stato addirittura acquistato da Mubi, il canale dei film che contano. 

Quindi sì, si è trovata qualcosa di grosso tra le mani.

Ok, la smetto...

Però cercate di capir la mia difficoltà, perché non solo ho l'umorismo di un bambino delle medie, ma davvero, in questo film non ci ho trovato nulla di così eclatante.

Tutti sembrano aver perso la testa per questo film ma, senza nulla togliere alla regista svedese e alla sua visione/impegno, mi è difficile buttarmi nella gang bang di entusiasmo generale. La Thyberg voleva restituire al mondo una visione femminile sul capitalismo, in un'ottica postmoderna che vuole ribaltare i ruoli con cui si guardano le cose.

Si è preso in esame qui di il mondo del porno, secondo gli occhi di questa novizia che vorrebbe diventarne la nuova star, e qui le cose cominciano a indurirsi complicarsi.

L'idea è sicuramente quanto di più ruffiano possa esserci in materia, ma è coerente con gli intenti di Ninja. L'accostamento è calzante perché viene ben esplicato come in ambo i settori (cioè, nel porno, collegato al mercato, fanno due) viga la sopraffazione e l'annullamento del sé, oltre alla disuguaglianza.

Sì, ho scritto veramente viga, non è un errore di battitura. 

Con uno stile a metà strada tra il documentario e il cinema indie americano - fatto di telecamera a mano nei momenti, situazioni segmentate e primi piani - la Thyberg spoglia le attrici e tutto l'ambaradan di un mondo sicuramente idealizzato, a tratti demonizzato inutilmente e che per lungo tempo ha inteso la donna nella cultura di massa come totale mercificazione, e per quanto si stia sdoganando l'idea che anche le donne consumino il porno in molti frangenti si sofferma su una fantasia di dominazione/cultura dello stupro che qui è ben presa in esame.

C'è una scena, forse la più riuscita del film, dove cinema e sensazione di realtà si fondono grazie a un buon montaggio, che da sola si mangia tutto quello che verrà mostrato poco più avanti.

Diciamo quindi che se il film avesse usato come sex toys tutte le sfumature che potevano essere ricavate in quella scena, sarebbe potuto diventare davvero il superdotato che tutti dicono. Invece qui si va di grana molto grossa che, per quanto si riallacci a ciò che prende in esame, alla lunga non mostra nulla che tanti altri non abbiano già fatto.

La realtà è che in un mondo dove abbiamo visto vivisezioni real e robe prenatali moleste, ormai non basta più fare due scene spinte per creare un film che sia estremo, oltre che voglioso desideroso di esserlo. Pleasure per tutta la propria durata prova a shockare lo spettatore con sequenze che possano definirsi al limite, ma si tratta sempre di situazioni che si fermano dove iniziano e, a parte quella citata poco fa, tutto il resto è un susseguirsi di cose che già si sapevano e che non vengono dette nemmeno in maniera particolarmente sagace.  

Tipo i mondiali senza Cicciolina e Moana.

Si ha così un film che magari potrà solleticate quelli meno navigati nel cinema degli eccessi, ma che lascerà abbastanza tediati tutti gli altri. Dal canto mio, non bastano due scene particolarmente spinte (comunque ben nei limiti della censura) per creare un film controverso o in grado di dare l'ormai sdoganato "pugno nello stomaco".

Per il resto, per combattere il tedio ho trovato molto utile fare una prevedibile battutaccia sul nome dell'attrice protagonista, la bella Sofia Kappel. Ma d'altronde, ognuno si diverte come può.

Il finale redentore però annoia a bestia...






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