CRIMES OF THE FUTURE, di David Cronenberg

In un futuro imprecisato, il dolore fisico e la malattia sono scomparsi, ma l'umanità vive in uno stato di indigenza, in balia della crisi climatica. In questo scenario, si muovono Saul e Caprice, due artisti performativi, le cui esibizioni consistono nell'asportazione chirurgica di organi d'origine tumorale dal corpo di lui...

Qualora non lo sapeste, io adoro Cronenberg. E non mi riferisco solo alla birra, sia chiaro.

Se devo scegliere uno dei registi che più ha saputo segnare il mio percorso da cinefilo, quello che "se lavorassi dietro la macchina da presa, vorrei essere come lui", il nome del canadese sarebbe sicuramente uno dei primi tre che tirerei fuori. D'altronde, uno che inizia con l'horror, diventa il re indiscusso di un sottogenere per poi andare a parare su tutt'altra direzione, segno che non ama ripetersi, ma mantenendo sempre il proprio cinismo ai massimi livelli, merita rispetto a prescindere.  

Crimes of the future poi è un film ambiguo già dal titolo e dalla cronologia. Viene otto anni dopo il controverso Maps to the stars, pellicola che molti davano come l'ultima della sua carriera vista la lunga pausa, e porta il titolo del suo secondo lavoro targato 1970, anche se in realtà si tratta di un'opera totalmente diversa.

Ecco, forse qui siamo davvero a un testamento artistico... anche se il nostro è famoso per essere piuttosto contraddittorio in quanto a dichiarazioni.

L'unica certezza è che il suo non è un cinema fatto per piacere a tutti, fan inclusi. Io stesso - lo ammetto, su di lui non riesco sempre a essere particolarmente obiettivo - non ho saputo come maneggiare un film simile. Sulla carta ci sono tutti gli stilemi e i temi che hanno fatto del nostro un grandissimo, anche se il timore di essere dietro alla "visione di un vecchio boomer sul mondo moderno" si fa sentire. Ma no, lui è Cronenberg. Potrà esagerare, ma non fa mai nulla a caso, e te lo ricorda con quel suo sorrisone che inquietò tanto Scorsese ai tempi di Videodrome

Qui conferma di pippare sempre tantissimo con un soggetto - scritto e ideato interamente di suo pugno, altra cosa che mi ha messo più di un campanello di allarme - davvero ai limiti, che stranisce già delle poche righe della sinossi e proseguendo non si risparmia. Incurante di appetire il pubblico, ricrea un ambiente allucinato, sporco e pulito insieme, descrivendo uno stato ondivago perenne. Pensate che inizia con l'uccisione di un bambino da parte ella madre, prosegue con deformazioni fisiche assortite e si conclude pure con la vivisezione del cadavere dell'infante - ecco, quello dopo Men behind the sun ci ha stranito men del dovuto. 

Questo spiega da una parte la libertà creativa del suo cinema, perché quei tromboni di Cannes abbiano abbandonato in massa la sala e come mai finanziamenti per le sue opere siano sempre più difficili da trovare, specie dopo la pandemia di Covid e in un mondo che di cinema 'adulto' vuole saperne sempre meno. 

Anche questi sono segnali che il canadese si è un po' rotto la ciolla e che, dopo quest'ultimo shock, vuole forse farci ciao ciao con la manina.

Cronenberg è conosciuto approssimativamente come il "re del body horror", ma le definizioni gli vanno strette. Certo è che con il corpo ha un rapporto personalissimo, ma il suo è un cinema che ha sempre esplorato come il fisico risponda alla mente, ed è questo che, pur mantenendo un lungo fil rouge anche nei film più impensabili, gli permette di esplorare tutte le sfumature del tema.

Crimes of the future (2022) appare così come l'esplorazione massima sull'argomento, la messa in scena della "nuova carne" venuta al mondo in un trans-umanesimo liberatorio.

Il dolore non esiste più in questo mondo... ma quanto conta il dolore nella nostra vita e quanto può essere importante rapportarsi con esso? L'arte può essere realizzata senza dolore? E mettere in scena tutto e a tutti i costi, è legittimo, anche quando è il dolore altrui ad essere offerto alla folla del circo?

Senza dolore non si vive, in pratica. Può sembrare una frase fatta, ma è su questo che il film pone la sua impalcatura.

Tutto passa sotto la lente deformante dell'auto-citazione e a disturbare i fan di vecchia data (o a esaltarli) può essere questo continuo rimando alle opere passate dell'autore. Tutto voluto, da una parte, dato che con questo film vuole realizzare la propria "arte politica" disegnando un mondo che gira proprio intorno al personalissimo concetto di arte, con tanto di giochi sulla bellezza interiore e la catalogazione di nuovi organi per registrare il processo evolutivo dell'umanità.

Tutto estremamente fuori di testa, ma da lui non ci aspettavamo altro.

Ammetto però che una regia così ispirata non me la aspettavo. Davidone usa la macchina da presa con maestria e ricrea forse le atmosfere più perturbanti di questa sua ultima fase cinematografica, per un film che forse è impossibile capire del tutto (nei pregi come nei limiti) a una prima visione a causa di tutte le sfumature sull'argomento, necessitando di più visione attente.

Al di là di quello che possiate pensare sul film, però, resta il fatto che a settant'anni Cronenberg ha già ampiamente dimostrato quello che è in grado di fare, tanto da ritagliarsi uno spazio nell'Olimpo del Cinema, ma ancora una volta ha provato a dire la sua, senza scendere a compromessi.

Per fortuna, non tutti si ammorbidiscono con l'età.






Commenti

  1. Massimo rispetto per l'adorato, Cronenberg, che alla sua età piscia in testa a molti dei registi che, col tempo, si sono ammorbiditi. Crimes of the Future, però, devo rivederlo. La prima visione mi ha dato un senso di incompletezza.

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    1. A me di sovraccarico, invece, e per assurdo... un "troppo" che lascia digiuni :/

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  2. mah... il rispetto lo si deve a prescindere a Cronenberg. Però questo più che un film-testamento mi è sembrato un bignami stanchissimo. Non credo che avrò mai voglia di rivederlo. Per stanchezza.

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    1. Che cattivo 🤣😅 io invece non l'ho visto stanco, anzi. Poi sulla riuscita, credo cambierò idea più volte nel corso degli anni...

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  3. Altro che stanchezza, qui Cronenberg riprende il filo da dove lo aveva lasciato con "Maps of the stars", che finiva con una giovane morte, proprio dove inizia questo. Ci sono tantissimi momenti che strizzano l'occhio alla sua filmografia ma è chiaro che con quella continuità tematica che si è ammorbidita meno del suo cinema, abbia portato la sua mutazione oltre, siamo in pieno trans-umanesimo. Ovviamente alcuni fan sono contenti perché è tornato il body-horror, ma in realtà è molto più profondo di così questo film, solo amore per Davide Birra e come al solito gran post Genius ;-) Cheers

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  4. E' una summa del suo cinema, sia di quello anni 80 che quello venuto dopo Spider. Oltretutto è quello che aveva in eXistenZ, quasi immutato nonostante i tanti anni che lo dividono, anche perchè la sceneggiatura proviene da quel periodo.

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    1. Anche questo è vero, pur non parlando di realtà virtuale :)

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