PLEASE BABY PLEASE, di Amanda Kramer

Dopo aver assistito a un omicidio da parte di una banda di manigoldi, una coppia di sposini comi comincia ad essere preda di ossessioni e istinti prima ignorati...

Ciò che mi fa amare il cinema, l'arte e tutto ciò che riguarda l'inventiva umana, è la capacità di raccontare e i diversi modi di farlo, sia per i media che gli stili. Proprio per questo credo che l'esistenza di canali e movimenti alternativi in grado di offrire qualcosa di diverso dal mainstream (no, non sto parlando di Byoblu, a cuccia...) sia di vitale importanza.

Poi capita anche che non capisca se è il film ad avere problemi o la mia capacità di comprendonio...

Molti di questi dubbi mi sono venuti vedendo Please baby please.

Un film alternativo, appunto. Così alternativo che non è mai stato trasmesso sugli schermi cinematografici, ma è stato realizzato direttamente per MUBI, il canale che oramai è il mio Eden personale. Solo che poi mi sono ricordato che pure Pleasure è approdato su MUBI e ho iniziato a cagarmi sotto. Ma vabbè, è comunque un film alternativo, così alternativo che è stato diretto da Amanda Kramer, quella che ha trasposto uno dei miei libri preferiti, Il Signore delle Mosche

Solo che ha realizzato Ladyworld, ovvero la versione al femminile.

Insomma, io di fronte a tutte questa alternatività non so se sarei riuscito a reggere, ma forse qualche pensiero in merito posso dirlo pure io perché... ehi, baby, siamo su Internet.

Ma argomentiamo un attimo, perché le cose da dire ci sono e pure parecchie... solo, forse non basta. Unicamente quello, almeno.

Please baby please nel suo folle delirio compie un discorso preciso sulla sessualità e sul genere, e fin qui va tutto bene. Sono temi caldi, che hanno avuto il loro exploit con l'evoluzione sociale tutt'ora in corso ed è giusto, se non proprio naturale, che l'arte ne parli, perché la narrazione spesso è lo specchio della società e del motivo storico che sta attraversando, così come i generi narrativi non possono essere codificati unicamente a quelli classici.

E ricordiamo che siamo fatti per il 90% dei film che abbiamo visto, giusto per ribadire che forse tra il cinefilo duro e puro e il netflixaro che si sega si Stranger things, alla fine, non c'è molta differenza. Dal postmodernismo non si salva nessuno... purtroppo. 

Quindi sì, maschile e femminile sono due concetti astratti e codificati da inflessioni sociali molto rigide. Il film gioca su questo, sulla voglia di esplorare dell'una, scoprendo una natura di sé che ignorava perché incastrata in un matrimonio rassicurante (che malattia è la rassi, poi?) ma insapore, e l'affiorare di una natura omosessuale dell'altro, clarinettista che non riesce più a suonare perché il proprio strumento è rotto.

Ehi, Siggy, cosa hai detto che ti ricorda quel treno che entra in galleria?

Lo spunto di partenza è tutto qui e per i suoi novanta minuti gioca tutto su questa diatriba interiore dei personaggi, che alla banda di lestofanti sarà legata a doppio filo - di tanga.

Ecco, una cosa positiva del film è che dura poco, ma a questa badateci solo se siete vecchi dentro come il sottoscritto. Il problema è tutto quello all'interno.

Perché sì, è un film alternativo, ma quando te lo vuole spiattellare in faccia senza continuità di sorta, incartapecoran... ehm... incespicando su sè stesso ogni tre minuti, il giochino erotico comincia a scadere e - diciamolo pure - a stancare. Perché non serve nominare i concetti se poi non sai assimilarli tutti.

Gli argomenti che sposa li appoggio e non penso ci sia nessuna dittatura del politicamente corretto a farla da padrona, anzi, da padronə. Però bisogna saperli trattare. Se vuoi essere camp a tutti i costi e in ogni momento, sappilo fare, altrimenti mi guardo il Batman con Adam West e morta lì. Qui persino Repo! the genetic opera sembra messa meglio in quanto a intenzioni e modus operandi, e non è proprio un complimento.

Tra l'altro, un film che parla di sesso e, a parte due o tre scenette all'acqua di flambé, sa essere meno pruriginoso del film da teatro parrocchiale, va oltre la mia idea di insuccesso. 

E no, la fotografia al neon da Refn dei poveri non conta, perché è usata male, dato che è fine a sé stessa. Non c'è una vera profondità, non caratterizza ambienti e sensazioni. Lo fa, almeno in parte, ma in maniera così piatta e saturata da far sembrare uguale tutto.

Arriviamo anche ai personaggi...

Tutti a voler fare gli alternativi, ma le normali conseguenze dal causa-effetto devono avere una logica nella nuova (pseudo)realtà che metti in scena, sennò sono quattro idioti che agiscono alla cazzo. E nella stessa maniera vanno i discorsi (anche interessanti) che fanno, ma se li dicono già loro così esplicitamente, a che serve mettere tutto a suon di *metaforoni* continui?

Please baby please è così, per tutti i suoi novanta interminabili minuti che sembrano quasi il triplo, finendo per non smuovere nulla se non una profonda irritazione per il tempo speso. Che non è così tanto come credevi, ma ti toglie le energie per quello che avanza.

Nota positivissima, Andrea Riseborough. Forse ricorderete il suo fondoschiena in Oblivion, ma ormai è un'icona del cinema alternativo che conta e qui dimostra una mimica facciale incredibile, per un ruolo brillante che ancora le mancava. 

Un suo primo piano si mangia tutte le stranezze che la Kramer inanella. Tra l'essere e il dire di esserlo, la differenza sta lì.






Commenti

Post più popolari