DOGS DON'T WEAR PANTS, di J-P Valkeapää

Juha non riesce ancora a rifarsi una vita dopo la scomparsa della moglie, morta annegata anni prima. Un giorno incontra casualmente la misteriosa Mona, dominatrice sado-maso, e farsi torturare da lei lo riporterà a vedere l'amata defunta. Ma questa sua incursione...

Anni fa una persona molto saggia mi disse: «Non lasciare che la tua passione per i libri e la cultura nasconda la tua vera natura da vecchio porco». Credo di aver capito cosa intendesse e ci tengo a sottolineare che ho fatto del mio meglio per prestare fede a questo consiglio.

Al momento, suddetto individuo si trova in un centro per disintossicarsi, ma ho sempre fatto tesoro delle sue parole, che mi sono prepotentemente ritornate alla memoria dopo l'abbonamento a MUBI.

Prima Plase baby please, poi Pleasure e infine questo. Insomma, puoi essere cinefilo quanto vuoi, ma la voglia di farti le seghe ce l'hai come tutti.

J-P Valkeapää è un conterraneo dei Sonata Arctica che si è fatto valere nel cinema più sperimentale e modaiolo - che nell'ottica cinefila, è di moda se non lo avete mai sentito nominare. Con questo ha fatto una discreta botta di (non)successo e pertanto è finito su MUBI, la piattaforma che ti fa venire i risvoltini ai jeans.

Ora, qui si aprono diverse questioni...

Io non ho mai preteso di avere la realtà assoluta in tasca e non credo che il mio giudizio, al netto di diverse battute tranchant e volutamente provocatorie, sia la reagine scesa in terra o una qualche realtà assoluta. E' la mia realtà, fallibile e contestabile come qualunque altra, e l'arte vive di una seconda esistenza proprio nella discussione e nello scambio di pareri. Ma proprio non mi spiego come questo film abbia potuto ricevere così tanti elogi da una certa comunità. 

Il che non vuol dire che sia brutto, eh...

... diciamo c'è tutto un discorso a tema che non posso ignorare.

J-P Valkeapää ha occhio in quella che è l'accezione più comune del termine cinefilo, riesce a ricreare delle belle immagini che, se estrapolate dal contesto, riescono a destare curiosità. Sfido chiunque a mostrare il trailer di questo film e nove volte su dieci avrete una qualche reazione dall'utente, se non proprio un vago desiderio di vedere il film. Perché Dogs don't wear pants ha delle immagini, delle scene e delle inquadrature belle. Di più, indiscutibilmente belle, dico.

Poi?

Il finlandese ha voluto raccontare un'elaborazione del lutto sui generis, facendo la spola tra eros e thanatos fino a quelle che dovrebbero essere delle estreme conseguenze. Ma c'è tutta la parte sull'estremo a non convincere.

Di mezzo c'è la riscoperta della vita, del sesso, il rimanere attaccati alla vita che fu e l'esplorazione dio nuovi orizzonti che permettono di conoscere anche nuove parti di sé, ma tutto si ricollega a una ripartenza, perché qualunque sia la strada che vuoi intraprendere sempre dall'unione con gli altri cominci, che sia per una relazione sentimentale o amicale, ma anche per una comune affinità tra anime simili.

Nel mezzo, anche una tenera parentesi sulla di lui figlia e il suo tentativo di trovare un proprio sbocco nella vita da adolescente, ma poi si prosegue con un pastiche per me mai totalmente risolto e che proprio nel suo voler cercare di scandalizzare trova diverse fasi di stallo.

Ma qui, come il sesso, c'è a chi piace a chi no.

Perché proprio quando si verte su fattori simili, la sensibilità personale incide come non mai.

Ecco perché il discorso di regia come qualcosa che va bel oltre la bellezza formale in sé, qui si fa più importante che mai. L'erotismo è come la commedia: materia difficile da trattare senza rischiare di sbrodolare o finire in lidi non preventivati e richiede una profonda conoscenza di quanto si racconta. Ecco, se proprio vogliamo trovare un difetto principale al film, è la sensazione che il particolare BDSM sia stato messo unicamente come pretesto per differenziarsi, senza una vera e propria ricerca che ne giustifichi a pieno l'utilizzo o che crei un vero coinvolgimento nella storia.

Mi rendo conto che una simile puntualizzazione possa sembrare decisamente venale di fronte a un tema così profondo e complesso come quello della perdita della persona amata, ma l'arte e il racconto non sono la somma delle loro parti e la motivazione che spinge a compiere determinate scelte, non solo stilistiche?

Valkeapää è bravissimo nel ricreare bellissime immagini, ma il concetto di erotismo risulta sfuggente. Quello che mostra è unicamente estetico e non riesce mai ad andare sottopelle, così come gli intermezzi sadomaso ottengono il risultato di apparire indigesti solo per gli animi più candidi (nemmeno cinema degli eccessi può essere, quindi) mentre a tutti gli altri, non per forza per un concetto di navigazione non strettamente nautica, solo degli intermezzi messi un po' "così". 

Funziona benissimo come film drammatico, invece, ma la parentesi erotica lo stoppa in quello che è un inizio davvero dolente e, quello sì, davvero in grado di farti entrare in totale empatia con questo personaggio serioso come solo un nordico riesce a essere. 

Forse è proprio per questo che non ho compreso il tanto decantato umorismo nero della pellicola. Fermo restando che, molto probabilmente, si concretizza l'idea che io non capisca niente in senso lato.

Insomma, mai il discorso della sensibilità personale è stato importante come in questo caso. Forse è proprio la mancanza (o l'eccedenza, vai a capire) che mi ha impedito di apprezzare a pieno un film che altrove invece ha raccolto diversi consensi.

Poi, vorrei dire di più, ma scrivere con una mano sola è abbastanza difficile...






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