DREAM SCENARIO - HAI MAI SOGNATO QUEST'UOMO?, di Kristoffer Borgli

Paul Matthews è un anonimo professore universitario con sogni di gloria irrealizzati. Un giorno, la gente inizia a sognarlo, facendolo diventare una star dell'inconscio. Ma la cosa avrà conseguenze...

Kristoffer Borgli è un regista norvegese, quindi un amante del metal a prescindere, il che ce lo rende già simpatico. Ma è soprattutto il regista di Sick of myself, film che se non lo avete visto, beh, vi conviene recuperarlo prima di subito. Questo lo ha girato in America ed è stato distribuito dalla A24, segnando l'ennesimo successo della casa, ormai in un periodo fortunato. 

La cosa divertente è che a produrlo invece è stato Ari "Beau" Aster, l'unico della scuderia Roma-Teramo ad aver floppato clamorosamente.

Sarebbe da farci un meme...

Sapete poi una caratteristica dei meme? Servono per capire quanto siete giovani. Se riuscite a capirli, siete salvi. Se invece vi chiedete perché quei maledetti brufolosi stiano a sganasciarsi... beh...

Uno che ai meme deve molto è Nicolas Kim Coppola Cage. Da anni volto del cinema più trash e stupido, quello che accettava la qualunque perché doveva pagarsi i debiti di una vita di bagordi, l'uomo che aveva sposato la nipote dell'idolo Elvis Presley, il tizio che aveva chiamato il figlio come Superman... sì, insomma, proprio lui, è uno che ha iniziato a vivere una seconda giovinezza artistica proprio grazie ai meme. Uno dei più utilizzati della scorsa stagione (visto quanto sono giovane, eh? EEEEEH?) era proprio quello de Il talento di mr C, un film dove interpreta varie versioni di se stesso, una tale esegesi artistica da fargli replicare l'espressione del meme tratto da Con Air.

Rendetevi quindi conto del colpo di genio nell'assumere proprio lui per un film che parodizza i meme. Altro che Iñárritu con Michael Keaton! 

Già col suo precedente film Borgli aveva dimostrato quanto debba stargli a cuore la psicologia umana, o l'umanità in tutta la sua tridimensionalità. E già solo con questo dittico ha dimostrato di avere una sua idea di cinema e di saper parlare di personalità poco piacevoli, ma sfaccettate, con un loro alone di complessità, senza trascendere nell'autopompino da artista e riuscendo a parlare con un linguaggio semplice e alla portata di tutti... ma non scontato.

Nonostante i dindi americani, il semi-miracolo si ripete anche qui. Borgli ritorna con il suo gusto per l'assurdo e per i personaggi sgradevoli, senza però sfociare in un voyerismo di nefandezze, ma prendendo in esame tizi che si possono incontrare nella vita di tutti i giorni - e per una volta, gente che fa lavori "normali". Paul assomiglia incredibilmente al tizio che ognuno di noi può conoscere, così come ogni barista può ricordarci Signe. Ci vengono mostrati con tutta la loro umana ambiguità in due storie assurde... ma forse non troppo.

Non trovate che ultimamente stiamo perendo la capacità di analizzare e comprendere l'ambiguo (per quanto l'ambigui non sia subitaneamente comprensibile per propria natura)?

Perché la grande raffinatezza di questo autore sta proprio nella sua capacità di mettere in scena situazione ambigue, che sfuggono alla naturale classificazione e che quindi creano repellenza in noi. Eppure, non si tratta mai di questioni facilmente incasellabili. Signe e Paul sono individui negativi? Non completamente. Ma sono individui, con le loro zone d'ombra che rischiano di mangiarsi anche il resto. D'altronde, entrambi avevano una vita tutto sommato decente o che poteva tranquillamente migliorare se solo si fosse avuto il coraggio di tagliare i rami secchi. E quei due personaggi si assomigliano perché queste storie sono l'una la naturale evoluzione dell'altra.

Se nel suo esordio Borgli ci mostrava la voglia di apparire, qui passa allo step successivo: cosa succede quando la gente si accorge di noi?

Ancora prima di eventi pandemici, la viralità aveva assunto connotazioni preoccupanti. Diventare di tendenza oramai è necessario anche in campi che dovrebbero esulare dalla materia e, per assurdo, un tizio divenne famoso per aver sfoggiato il cartello don't make stupid person famous. E su quanto ci sia della verità in quelle parole, ve lo potrei dire in cörsivœ. Non è un caso l'abbia scritto così, eh...

Dream scenario metaforizza col pennarellone grosso i nostri tempi, quelli del voler apparire a tutti i costi e del dover dire la propria su ogni argomento, ma soprattutto illustra il potere distruttivo che la sovraesposizione può assumere a danni di emeriti sconosciuti - del resto, abbiamo visto in più maniere come l'hate speech abbia portato alla morte di taluni. E lo fa con la solita potente semplicità che questo regista aveva già mostrato, affinando la tecnica e divenendo meno reiterativo di certe dinamiche a favore di un'asciuttezza narrativa  invidiabile.

Ma soprattutto, riesce a tratteggiare l'ambiguità.

Poi sì, potrei dilungarmi anche sulla fantasia con cui ha saputo interpretare i sogni o sulle chicche registiche mai invasive, ma la scena che mi porterò dietro sarà quel finale agrodolce, forse l'unico possibile in un film così causticamente cinico.

Ma che forse, proprio perché così intriso di cinismo, più umanamente vero di tanti altri.






Commenti

  1. Un film splendido, che riporta in pista un attore straordinario come Nicolas Cage.

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    1. Sono felice che la carriera del grande Nic abbia finalmente una quadra 😬

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