DUNE - PARTE 2, di Denis Villeneuve

Paul è riuscito a sfuggire all'intrigo degli Harkonnen insieme a sua madre, che porta nel grembo la figlia del duca Leto. Accolti dai Fremen, si avvererà la profezia che vede nel ragazzo un nuovo messia. E così...   

Da che sono andato a vivere da solo, mio padre ci tiene a informarmi di tutte le sue visioni. Il suo commento però si riduce a un generico: «Bello, bello. Ben fatto!»

E così, a riprova che dopo l'adolescenziale conflittualità si arriva a un emulazione della figura paterna, all'uscita dal cinema di questo Dune - parte due, alla domanda su come mi sia sembrato, non ho potuto dire altro che...

«Bello, bello. Ben fatto!»

Infatti è ben fatto, nel senso che ha una sua visione stilistica (Villeneuve non è il primo stronzo che passa), il cast è di ottimo livello, si vedono tutti i soldoni spesi e per i suoi 165 minuti riesce addirittura a non annoiare, per quanto si prenda i suoi tempi per ogni cosa e debba farti lo spieghino ad ogni svolta di trama. Trama tra l'altra piuttosto lineare e presa da un capolavoro della letteratura, e qui casca il Muad'dib... 

Se dopo sessant'anni il libro di Frank Herbert gode ancora di tutto quel seguito, vuol dire che o ci siamo fatti tutti di Melange prima di leggerlo oppure qualcosa di valido deve pur averlo. Basta allora riproporre tutto quello che racconta? Sì... fino a una certa. 

Quando si parla di un'opera, specie se si tratta di qualcosa ritenuto dalla chiunque un capolavoro, bisogna anche cercare di capire cosa l'ha resa tale e anche rapportarsi al media in cui è inscritta, rendendo necessari pertanto alcuni tradimenti, perché il passaggio ne necessita per alcune versioni.

D'altronde, pure Peter "fanboy n°1" Jackson dovette ammettere che il Professore era un po' troppo fissato con le canzoni e che certi personaggi andavano messi a discapito di altri perché la concezione della donna stava iniziando a cambiare e il pubblico non poteva reggere troppi nomi, e direi che la cosa gli è venuta benino perché aveva capito quali erano i punti focali dell'opera e ha saputo usare il suo stile per valorizzare il discorso dell'umano di fronte all'infinito e alle proprie zone d'ombra.

Se ci si limita a filmare quello che altri hanno già raccontato, alla meglio ci viene il Watchmen di Snyder, alla peggio il Sandman di Netflix.

Poi c'è l'elemento sorpresa, ovvero che la persona coinvolta nel progetto sia sì talentuosa, ma forse, nonostante tutte le badilate di stoffa non sartoriale che si trova addosso, non sia la persona giusta per il progetto. Ecco, Villeneuve ha capito (in parte) il libro ma forse, e dico forse, non era il regista adatto.

Non che con il curriculum che si trova debba dimostrare altro, ma pare ovvio ormai come lui si trovi estremamente a suo agio nelle situazioni ambigue, nella realtà violenta e in tutto quello che si sposi con la sua visione asettica, per un cinema molto intellettuale, a tratti volutamente freddo perché interessato come l'ambiente schiacci il personaggio fino a fargli espellere la parte più marcia e ambigua di sé.

Ecco, Dune per assurdo funziona al contrario.

La genialità di Herbert sta proprio nel mettere un personaggio e di farlo espandere (letteralmente) nel mondo ideato, dove il protagonista ne diventa una sorta di propaggine, financo una semi-divinità per quella che può essere la nostra educazione cristologica. Nel film questo si riesce a sentire? Ma soprattutto, l'aspetto lisergico, vero focus centrale dell'opera, viene trasmesso come merita dalla pellicola e dal suo autore?

Qualcuno di voi durante la visione ha percepito la complessità dell'universo narrativo in cui è ambientato? Ha sentito una completezza in Arrakis oppure una serie di scorci da National Geographic? Ma soprattutto, c'è un personaggio di cui vi sia fregato qualcosa, o almeno, abbastanza da farvi comprendere la pesantezza della decisione finale di Paul e tutte le conseguenze che si ripercuoteranno sulla galassia?

Villeneuve è un elefante in una cristalleria di puro design che giganteggia con tutti i mezzi che possiede, stiletta le geometrie che gli stanno tanto a cuore ma quando si tratta di metterci nella mente di uno in preda a visioni mistiche di pura distruzione continua a riproporre la stessa identica sequenza, che alla terza volta mi ha ricordato solo i tizi di Come to daddy.

Chi controlla la spezia controlla il mondo, dicono all'inizio.

Poi tutti sembrano dimenticarsi di una roba che ti regala gli occhi di Alexandra Daddario.

Poi un sacco di altre questioni, tipo la sorella di Paul, della quale non viene mai spiegato con esattezza il grande potere, limitandosi a un'ecografia a distanza ravvicinata (quindi volete dirmi che in meno di nove mesi fanno tutto quel bordello?), dei cattivi che fanno la fine dei fessi e uno in particolare che, dopo minuti abbondanti di presentazione, non viene mai sentito come una plausibile minaccia e via dicendo. Certo, non si può parlare di tutto e bisogna comprimere, ma...

MA CHE £@##% HO GUARDATO IN DUE FILM DA QUASI TRE ORE ALLA FINE? 

Sì, Villeneuve è bravo e tutto quanto, ma davvero la bravura deve limitarsi a questo, allo stare nella zona di comfort quando questa è assolutamente castrante per quello che la storia deve raccontare, e limitarsi a una bellissima esposizione che non lascia pressoché nulla a fine visione? 

Tutto deve limitarsi a un ben fatto?

Lo Shai Hulud è una bella bestia col corpo lungo e le sabbie belle...

In realtà questa parte due è grande cinema e merita di essere vista. Ma avrebbe meritato un trattamento diverso, perché tra gigantismo e l'essere grandi c'è differenza, nelle intenzioni e nell'essenza stessa, nello sguardo di chi racconta.

A proposito di sguardi, non ho potuto non pensare alla scena finale di Oppenheimer, a quel guardare fisso nel vuoto, conscio di ciò che aveva creato. La sensazione di impotenza che qui, purtroppo, è mancata del tutto...

#MetalAneddoto
Steve Harris, il leader degli Iron Maiden, scrisse una canzone su Dune e la presentò a Frank Herbert, il quale rispose: «Mi fa schifo la musica rock e i fate schifo soprattutto voi». Così la canzone divenne To tame a land, e sulle prima copie di Piece of mind compariva la scritta Frank Herbert sucks.





Commenti

  1. A me il film è piaciuto moltissimo, ma come si dice, non tutti reagiscono a una pellicola allo stesso modo, questa frase potrebbe sembrare scontata, in parte lo è, ma è la realtà della vita, e non ci possiamo fare nulla ^^

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    1. Ma figurati, ci mancherebbe. Il bello dell'arte è questo 🙃

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  2. Volevo utilizzare la storiella dei Maiden prima o poi, ma non ho mai trovato l'occasione, sei Genius anche per questo ;-) Cheers!

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  3. Dopo aver visto il film ho avvertito la mancanza di empatia verso i personaggi che uno dopo l'altro restano prigionieri del loro destino e forse Villeneuve ricercava questo: so che può apparire un controsenso, realizzi un' opera di questa portata e poi rendi inviso ogni ruolo, è come sabotare il film. Forse soltanto Chani, con la sua fuga prova a controbilanciare quanto scritto prima eppure anche lei non mi trova o forse sono io che vado invecchiando. Va beh, bello, bello. Ben fatto.

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    1. Ah, figurati, io ormai sono decrepito interiormente...
      In realtà pure nel libro i personaggi erano piuttosto archetipizzanti, erano le implicazioni da sole a reggere la mastodontica opera. Qui però mi è sembrato che le cose "succedono e basta". Succedono benissimo, per carità, ma mi è mancato il peso dell'epica e della sua destrutturazione...

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Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

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