I FIGLI DEL FIUME GIALLO, di Jia Zang-Ke

Quiao e Bin, ballerina lei e gangster lui, vivono una passionale storia d'amore, tra la vita mondana nella Cina industrializzata e i traffici criminali. Quando la donna sparerà un colpo in aria per difendere l'amato da un'aggressione, verrà condannata a cinque anni di carcere, ma una volta uscita di prigione...

Sono convinto che Jia Zang-ke vorrebbe essere un regista action.

C'è una scena verso metà film, uno scontro tra gang che fornirà la vera svolta di trama, girata con una maestria tale nella sua brevità da fare invidia a Leigh Whannel. È un segmento che, visti i toni molto più compassati che regolano la cinematografia del nostro, risalta in una maniera tutta sua nell'economia visiva della pellicola, un po' come la seconda parte di Merantau si differenzia dal lungo preambolo introduttivo.

Ne Il tocco del peccato c'era qualche vagito estremo, ma anche lì la violenza si differenziava per l'impiego, centellinata affinché la narrazione proseguisse e lasciata in parte fuori campo. Erano più le motivazioni dei gesti a inquietare, in questo polpettone gangster invece esplode a tutto schermo per un pugno di minuti, prima di rientrare nei ranghi 

Ma il suo eco riecheggia per tutta la durata del film.

Non solo per la differenza con la regia più intima, tipica del cinema di Jia Zang-Ke, ma proprio perché sembrano momenti appartenenti a due pellicole ben diverse. Invece questo Jiānghú érnǚ (detto anche Ash is the purest white) rientra nei canoni del melò a cui il nostro ci ha abituati da diverso tempo, continuando il discorso a proposito dei mutamenti politici e sociali del proprio paese, fino a realizzare la dedica definitiva alla propria musa, la compagna Zhao Tao...

... per quanto presentarla come "la moglie del regista" le tolga gran parte dei meriti che si porta dietro. Perché è innegabile come lei sia un'attrice adattabile a tutti i generi, con un viso comune e bellissimo allo stesso tempo, in grado di dare diverse sfumature al proprio personaggio senza mai esagerare, ma cercando una compostezza tipicamente orientale che infrange anche solo con un'alzata di sopracciglio.

Il film le è stato cucito addosso e, essendo l'occhio in questione quello di un uomo innegabilmente innamorato, il risultato non è ordinario. 

Resta solo da capire se Jia Zangh-Ke ami più lei o l'essere censurato dal proprio paese.

Perché, se non si fosse capito, lo sguardo che il regista rivolge alla propria stessa patria mescola l'odio all'amore in più di una maniera. Questo è il vero hóngxiàn della sua travagliata e premiata produzione.

Ed è anche quello che non mi ha fatto amare quanto avrei voluto questo film, anche se servono delle dovute specificazioni.

Senza scomodare giovanilismi come hype o altro, ho recuperato gli ultimi lavori di questo autore in poco tempo, ristrettezza cronologica poi che non ha fatti assimilare come dovuto un film come Al di là delle montagne, pellicola che chiunque abbia un cuore dovrebbe vedere e che credo sarà un fardello artistico che il nostro dovrà portarsi dietro per molto tempo. Essendo poi i discorsi che Zang-Ke affronta e sviscera piuttosto similari, sul breve periodo la cosa inizia per influenzare un qualsiasi giudizio.

Visto come primo tassello della sua cinematografia, forse mi sarebbe piaciuto, anche se a tratti ho leggermente patito questa storia d'amore criminale che non sempre ingrana quanto l'autore avrebbe voluto.  

Riunioni criminali, conti da riscuotere, sprazzi di vita e consapevolezza che prepotentemente portano in una dimensione altra, fino a quella Cina attraversata in lungo e in largo, con uno sprazzo che sorride a un accenno di fantascienza verso la fine, destreggiandosi nel ritratto di una donna dalla rara personalità, senza cadere in macchiettismi o patetismi vari. 

Quiao sarà un'anima errante che rimarrà sicuramente impressa, molto più del film nel suo insieme, che ci farà esplorare un Oriente sconosciuto e contraddittorio, dove povertà e ricchezza si mescolano insieme. Zang-Ke segue la sua atipica anti-eroina (o anti-tutto, essendo "semplicemente" un'umana con la sua storia) col suo solito innegabile gusto estetico, dimostrandosi un autore a tutto tondo con una sua personalissima poetica.

E anche un potenziale regista action, ergo prima o poi mi aspetto il film da menare con la sua firma.

Sicuramente bello, di una bellezza che solo i grandi autori possono dare, ma mi ha "impattato" meno degli altri due folgoranti titoli.

Ma quanta bellezza, anche un mezzo a ciò che non è piaciuto. E quanti è bella Zhao Tao.







Commenti

  1. I film che arrivano dalla Cina vuoi anche per la loro storia politica che si è in qualche modo riversata sul panorama tramite leggi che ne hanno ridefinito le situazioni di vita mi attirano sempre, le valli allagate, il modo di reinventarsi una vita ti toccano pur se non ti appartengono.
    Non ricordo se anche questo film toccasse l'argomento, l' ho visto parecchio tempo fa, e lo ricordo come un film bello ma insoluto, c'era qualcosa che non mi era arrivato o che io non avevo colto. Forse un 'non detto' un po' esasperante, un film che ricordo mi aveva lasciato malinconia.

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    1. Malinconia a mille, così come l'insolutezza. Conta che l'ho visto poco tempo dopo "Al di là delle montagne", quello sì davvero magnifico. Qui vuoi per un reiterare degli stessi temi, una familiarità a tratti limitante o, semplicemente, una sensibilità non compatibile...
      Però si riconosce ugualmente la grande mano che c'è sotto. Questo, a volte, basta :)

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