MAXXXINE, di Ti West

Hollywood, 1985. Maxine Minx ha finalmente la sua grande occasione, diventare un'icona del cinema horror con il ruolo da protagonista ne La puritana II. Un killer però sta terrorizzando le strade californiane e il passato bussa sempre alla porta...

Diciamolo senza tanti giri di parole: Pierino va in Texas è stato un colpo davvero inaspettato, soprattutto da parte di chi non ha mai amato il cinema di Ti West come il sottoscritto. Che poi, vorrei vedere chi presterebbe fiducia a uno che per nome ha la pronuncia della lettera iniziale, ma sono dettagli.

La cosa divertente è che il sequel-prequel-quellochevoletel Domitilla non era previsto, ma anche lì si è trattato di un lavoro d'insieme quasi in grado di superare il precursore, donandoci delle sequenze già diventate iconiche, oltre a confermare il talento di Mia "meraviglia" Goth.

Va da sé quindi che 'sto MaXXXine era molto atteso, almeno da me, oppure, c'era molto hypeeee su questo titolo, perché chiudere la tripletta con un nuovo filmone non era affatto semplice. Soprattutto se si pensa che non era stata inizialmente ideata come trilogia e che tutte le questioni temporali sembravano risolte. Solo quelle narrative erano aperte.

D'altronde, se abbiamo iniziato con il confronto temporale tra Maxine/Pearl che ripercuoteva la genesi di un modo di fare cinema quasi morto, quella dello slasher alla Tobe Hooper, per poi riprendere con un crocevia dei sogni infranti a là Billy Wilder che ha stappato il fiasco dalla parte sbagliata, rimaneva solo assistere all'ascesa tanto annunciata, riprendendo l'unico anello temporale possibile, quello degli Eighties che sulla questione violenza e orrori si espressero molto sia fuori che dentro lo schermo - mi spiace deludervi, ma non sono quelli che vi hanno raccontato in Stranger things

Sì, gli anni ottanta non erano solo quelli della musica e dei film fighi. C'era la corsa all'individualismo sfrenato, i primi yuppies mettevano le basi della moderna società performativa, c'era qualcosa sui diritti e sulla figura delle donne di cui dovremmo discutere ma, soprattutto negli USA, la violenza dilagava. Vi basti pensare che Fredric Wertham scrisse un libro per dire che i fumetti plagiavano i bambini - storia semplificata, ma vera...

Ora invece tuta pesche e crema, eh.

Non è quindi un caso se la primissima parte di MaXXXine risulti essere anche quella più interessante, proprio per la chiusa generazionale che potrebbe offrire. L'America negli anni Ottanta, quelli che vi mancano tanto e dove da noi gettavano i sassi ai gay senza tanti problemi, stava attraversando un nuovo codice Hayes per limitare quella che era un'esplosione di pura violenza nelle strada delle grandi metropoli... e la lente dei censori era scontatamente puntata sul cinema horror.

All'epoca non c'era la A24 e tutto quello che riguardava il cinema dell'orrore veniva per forza di cose relegato a un intrattenimento per deficienti, al di là dei grandi autore come Craven e Cronenberg che stavano uscendo. Questo ci porta quindi a Ti West e al suo cinema, che dopo quest'ultima parentesi, ha fatto un effetto boomerang per ritornare a quelle che erano le sue intenzioni originali di inizio carriera, ovvero recuperare filologicamente un modo di fare cinema, partendo proprio dal basso.

Questo porta MaXXXine in uno strano limbo, perché se è vero che da una parte è forse il film più internamente coerente dei tre, sia negli intenti del narratore che nel recupero estetico, dall'altra è innegabile provare la sensazione che si limiti "solo" a questo, con tutto il mapazzone di roba che poteva offrire e che in certi casi si limita solo a sfiorare.

Certo, Ti West è un autore, il che vuol dire che quando viene lasciato a briglia sciolta qualcosa di interessante riesce comunque a piazzarlo anche nei film meno riusciti - e per quanto a me nemmeno i suoi decantati capolavori abbiano mai fatto strappare i capelli, ne riconoscevo una ricerca stilistica notevole. Qui abbiamo una ricostruzione storica che sfiora la maniacalità, non solo nelle scenografie e nei costumi, ma anche nel mondo cinema in cui la vicenda si piazza, dalla ricostruzione dei set ai modi di produrre gli effetti speciali, e addirittura anche nel metterci dentro un finto set dove stanno girando in fantomatico seguito che dovrebbe lanciare Maxine - e senza i giramenti di cabasisi di uno Studio berbero a caso.

Ma poi, tutto il resto?

Quando l'omaggio diventa qualcosa di oltre e quando, invece, rimane ancorato a se stesso e alla propria nicchia?

Discorsi se ne fanno. C'è tutta la questione legata al talento, al meritarsi qualcosa e pure i confronti col personaggi della Debicki offrono diversi momenti degni di interesse, nonché la scena della "ricostruzione della maschera", ma tutto rimane in superficie e appare unicamente per quello che è.

Questo non rende MaXXXine un brutto film, ma come chiusa di due capitoli che avevano preso un genere per farne una decostruzione su schermo che ne mantenesse intatte le dinamiche principali, era lecito aspettarsi qualcosa di più dell'omaggio spassionato al proprio genere preferito. A Ti West forse non interessava altro e io mi aspettavo quanto non mi era dovuto, perché è così che fa l'autore, ma chiudere il tutto dicendo che Hollywood è pullulato dai mostri mi sembra qualcosa a tratti ipocrita e quasi paraculo per una trilogia che aveva mostrato tutt'altra complessità e, soprattutto, mostruosità.

Dispiace lasciare Maxine Minx, soprattutto. È un'antieroina (non che è contro la droga, pippa come una dannata...) di cui sentiremo la mancanza che col suo essere così borderline nella malvagità così nell'interesse personale risulta la cosa più interessante di tutto l'ambaradam.

Mia, ti prego, almeno tu continua a farci sognare ❤️






Commenti

  1. Io ho enormi speranze per il futuro, sia della Goth sia di West. Vedremo cosa ci riserveranno, magari i fluorescenti anni '90.

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    1. La Goth per me ha un futuro di grandezze davanti a sé. West non so, ma spero continui sulla scia di X e Pearl.
      Per il resto, sono vagamente stufo di omaggi e Anni Passati...

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