MICKEY 17, di Bong Joon-ho
Ci sono quindi due modi per approcciarsi a questo Mickey 17, sua ultima fatica e terza capatina nei lidi fantascientifici, da appassionati di lunga data o neofiti del cinema del nostro. Entrambe le soluzioni portano guarda caso dei pro e dei contro...
Se avete conosciuto il nostro con i subaffittuari molesti, questo film sarà una specie di tradimento. La realtà invero è che il regista coreano è un istrione, che spesso fa rima con zabaione, ma qui abbiamo davvero a che fare con una personalità eclettica capace di giostrarsi in tutti i generi possibili. Passando quindi dalla serietà assoluta del suo più recente capolavoro ma anche di Memorie di un assassino e Madre (non quello di Aronofski), fino ai toni apparentemente più scanzonati e votati a una comicità grottesca di Okja e concessi anche da quella roba strana che fu The host, dove la tipica ironia coreana poteva risultare quasi molesta agli occhi occidentali.
Troverete invece un clima vagamente familiare se avete visto i suoi titoli principali, trovandoci non solo delle ricorrenze estetiche, ma un cinema fedele a se stesso e ai temi che da sempre ossessionano questo autore... temi però visti leggermente al ribasso.
Quando entri nel giro grosso, purtroppo, in qualche modo devi cercare di rimanerci.
Mickey 17 non è assolutamente un brutto film, allo stesso tempo però mentirei se dicessi che mi ha galvanizzato quanto avrei voluto. Non so se debba incolpare per la cosa il curriculum a dir poco esagerato del suo autore oppure delle effettive parti che non tornano. In ogni caso, diverse sequenze diventano un bignami di quanto già espresso precedentemente, non solo dalla sua poetica.
Senza tirare in mezzo Snowpiercer, del quale ancora cerco di spiegarmi la fantomatica scena col salmone (?), basterebbe prendere in analisi la faccenda dei cloni.
Tipo come in Oblivion?
No, pensavo più a una roba come Moon.
Un topoi di una certa sci-fi, quindi. E se su queste pagine diciamo sempre che non importa cosa racconti ma come, viene spontaneo chiedersi come mai porre sul tema un film di queste proporzioni se un particolare così rilevante è già stato trattato in precedenza e in così alt(r)a maniera...
Se poi tutto parte dal libro Mickey 7 (mi pare logico, in Oldboy avevano aumentato gli anni di prigionia rispetto al manga, qui invece i cloni) i cui diritti erano stato acquistati addirittura prima della pubblicazione, la questione si fa ancora più intrigante.
La realtà è che il diciassettesimo e mezzo tratta diversi temi che, oltre a quello della morte, in realtà solo accennato appena perché ricorda solo quanto accaduto prima del reset, non trovano sempre una sviluppo davvero soddisfacente perché ognuno si somma all'altro. Abbiamo quindi la lotta di classe, la sopraffazione del potere, la coscienza di sé e l'autodeterminazione ad avere un proprio posto nel mondo anche se si è considerai solo un oggetto sacrificabile. Fa un po' il palo con la questione sull'intelligenza artificiale che pone oggi il dibattito e a cui il contemporaneo Companion aveva cercato di porre una specie di soluzione mediante l'ottica del consenso.
Bong prova a dare ampio spazio a tutto questo, ma non sempre le cose vanno al meglio.
O almeno (e qui sta forse la quadra) non quanto ci si poteva aspettare da uno come lui.
Ma ripeto, funziona quanto basta a renderlo un bel film, sicuramente una pellicola di un autore con una sua poetica, un proprio stile e poco adito a cedere completamente a logiche prettamente commerciali.
Mickey 17 non scombinerà nessuna classifica di preferenza nella filmografia del nostro e magari i fan più incalliti potranno rimpiangere quando Bong picchiava più duro, ma il suo discorso, il suo riuscire a parlare degli ultimi, dei reietti, prendendo in giro il potere (fattosi tristemente realistico dopo le riprese) con toni sì caricaturali, forse di grana grossa, ma espliciti nei riferimenti, è qualcosa che ci meritiamo anche dall'arte più popolare a cui questo film fieramente appartiene, con tutti i se e i ma del caso. Arte popolare poi realizzata al proprio meglio, perché regia e montaggio rimangono sempre di altissimo livello.
Soprattutto, è la prova definitiva di quanto Pattinson sia un bravo attore.
Non gli è bastato The rover (o High life, per stare nel genere) per farvi dimenticare Twilight. Lontano però da robe come The Batman ha la possibilità di destreggiarsi nella commedia brillante che ancora gli mancava, riuscendo a padroneggiare molteplici registri in un film dove farla fuori dal vaso era un attimo.
Se proprio vogliamo, il vero vincitore è lui.
Sarà che non sono un'esperta del regista ma mi sono divertita molto. Anche se avrei voluto le morti di Mickey ancora più splatter!!
RispondiEliminaQuella mancanza è la concessione al pubblico più generalista, mi sa. Comunque mi sono divertito parecchio pure io, alla fine 😬
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