UNA DONNA PROMETTENTE, di Emerald Fennell

Cassie era una promettente studentessa di medicina, ma ora lavora come cameriera in un bar. Non è serena, ogni sera finge di ubriacarsi per concupire uomini e spaventarli una volta che questi la portano a casa loro. Ma in realtà si sta preparando per...

Emerald Fennell è una donna promettente. Diplomata ad Oxford e notata dallo stesso agente di Keira Knightley, si è imposta prima sul piccolo schermo e sulle frequenze via cavo ha mosso anche i primi passi come produttrice e sceneggiatrice con la serie Killing Eve, scrivendone sei episodi. Così tra un Call the midwife e un Albert Nobbs, è arrivata perfino a recitare in The crown.

L'avete vista pure in Barbie. Interpreta Barbie Incinta, un cameo nei primi minuti - e non fatemi più nominare quella roba, vi prego.

Emerald Fennell è una donna promettente, tanto promettente da aver scritto è diretto un film, questo Promising young woman. Lo ha fatto nel 2020, in piena pandemia, ma nemmeno il COVID è riuscito a fermarla e ha pure vinto un Oscar per la miglior sceneggiatura. Non che i premi valgano qualcosa, ma mi sembrava opportuno riportarlo. 

Lei fa parte di quella schiera di donne incazzate che hanno gridato la loro rabbia al mondo, aggiungendosi ai nome di Coralie Fargeat, Romola Garai e Chloe Okuno.

Perché sì, in barba a tanti slogan e frasi fatte da social, le donne si stanno prendendo il loro spazio per raccontare il mondo dal loro punto di vista e, soprattutto, come lo vivono. Rivendicazione, vendetta tribale e il non essere credute... tutti gli esempi riportati hanno, insieme a molti altri e con risultati alterni, messo luce su questioni diverse che le riguardano, giocando coi generi e a volte stravolgendoli pure. Questo film però gioca un campionato a sé.

Innanzitutto, per quanto si stia parlando di un film indipendente circolato in quel festival di fighetti tossicomani del Sundance, rimane sempre l'opera di una che non è proprio una novizia del settore, con un'attrice di primo piano nel cast (Carey Mulligan, non proprio mia zia Tina che recita nel weekend libero per fare un favore) e un'altra, Margot Robbie guarda il caso, tra i produttori. Una pellicola indie, certamente, che però ha avuto una larga distribuzione e un trattamento pubblicitario degno di questo nome.

Si tratta di un'opera accessibile a tutti, pensata per la riflessione, sì, ma perché questa avvenga in una fascia di pubblico il più ampia possibile, senza che vi siano IP alla base come nel caso del fenomeno della Gerwig (cazz... l'ho nominato ancora!). Questo vuol dire che pur spingendosi in territori insoliti per il pubblico medio americano, non guada mai oltre un certo limite, e quando arriva a farlo accade qualcosa che non vi spoilererò, ma una volta visto capirete - o in caso, l'avete già capito.

Questo potrebbe essere uno dei problemi maggiori, il suo voler spingere alla riflessione rimanendo però ancorato in una determinata scala di sopportazione. Impedisce anche un certo voyerismo e la Fennel, da regista promettente qual è, sa quanto accennare e quanto spiegare nei dettagli, e in questo offre un lavoro di scrittura encomiabile.

Non ci sono flashback inerenti al fattaccio in questo atipico rape & revenge, ci sono le facce e le dichiarazioni dei colpevoli, e in questo mette nel sacco tutti. Anzi, tuttə. Perché nessun... vabbeh, scrivetelo come cazzo volete... nessuno è esente dal sottrarsi alla colpa, chiunque può essere partecipe e complice di uno dei reati più odiosi esistenti. Essere uomini o donne non conta, basta un commento inopportuno, un pregiudizio, qualunque cosa possa denigrare una (anche possibile) vittima per entrare a far parte di un gioco perverso che la nostra società porta avanti nei confronti delle categorie più svantaggiate.

Il film ce lo ricorda a ogni svolta di trama.

Molto bello è anche il lavoro svolto sui personaggi secondari. Se uno offre un colpo di scena piuttosto amaro, è il personaggio di Alfred Molina a dare un inaspettato senso di redenzione, senza creare fazioni ma, anzi, riempiendo di sfumature un discorso che poteva essere trattato molto più grossolanamente e regalando al personaggio una dignità non indifferente. 

Certo, il film ha comunque le sue furbate, tra cui il non spingersi mai oltre della protagonista proprio per creare la giusta empatia col pubblico, ma qui forse è una questione tra quello che io avrei voluto vedere, ignorando gli intenti di una regista alla propria opera prima che si gioca una tematica sentita e importante, usando il pennarellone dalla punta grossa su un finale che gioca molto con l'ingenuità della spettatore ma che, al netto di tutto, risulta ugualmente efficace.

Ma ci sono film caduti per molto meno e il messaggio arriva, onesto e sincero, senza ricatti morali ma con una nera disperazione di fondo e una flebile speranza.

Poco tempo fa, dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, la Polizia di Stato usò i propri social per esprimere solidarietà alle donne vittime di violenza, salvo dover cancellare l'abilitazione ai commenti perché molte internaute riportarono la loro esperienza con le forze dell'ordine, rivelando abusi di potere, interventi mai avvenuti e, quando successo, ininfluenti, insieme a molto altro. 

Questo offre un quadro desolante del nostro paese, del mondo e della figura della donna nella nostra società.

Ci ho pensato spesso, guardando questo film...






Commenti

  1. Si, si. Questo lo voglio vedere tra poco, è nella lista da fin troppo tempo. Ottimo che non abbia scene spinte, nonostante il genere, così da creare maggiore empatia. Anche se, Fincher in "Millenium" aveva fatto una delle migliori scene "stupro & vendetta"per il periodo.

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    1. Mah, per me invece è proprio una furbata, per quanto nulla tolga al valore della pellicola. Avrei preferito si muovesse maggiormente sul filo del borderline, ma va benissimo anche così.

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  2. A Barbie gli fa un baffo...questo sì che è un gran film ;)

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